Cielo non è ancora partita, ma lo Squalo ha già infestato il mare magnum della televisione digitale terrestre italiana. Sull’operazione di Murdoch ci sono infatti ulteriori novità. Vediamo quali.
Come si ricorderà, il MSE-Com, prima di concludere l’istruttoria per il rilascio dell’autorizzazione al content provider della News Corp per la veicolazione sul network provider Rete A (Gruppo L’Espresso) del programma Cielo – che aveva (incautamente) annunciato di andare in onda dal primo dicembre – aveva chiesto chiarimenti a Bruxelles, ritenendo controverso sul piano giuridico l’ingresso di Sky sul DTT prima della fine del 2011 (a seguito dell’impegno assunto da Murdoch nel 2003 con la fusione di Stream e Telepiù). Lo schermo di Cielo, che avrebbe dovuto essere riempito con la selezione dei migliori programmi dell’offerta generalista di Sky, è rimasto quindi oscurato. O meglio, occupato da un cartello di protesta che invitava (ora è stato rimosso) i tele(a)spettatori a scrivere all’URP del MSE-Com, colpevole di non aver ancora rilasciato il provvedimento favorevole. In realtà, aveva fatto sapere il giorno stesso della comparsa dell’insegna elettronica di dissenso il viceministro allo Sviluppo Economico Paolo Romani, i termini temporali fissati dall’ordinamento giuridico per la conclusione dell’istruttoria (60 giorni) non erano ancora spirati, sicché ben poco di addebitabile alla sua P.A. ci sarebbe stato. Anzi, per Romani la protesta della News Corp. sarebbe stata una vera e propria azione denigratoria verso l’amministrazione pubblica italiana. Un’enfasi, quella del viceministro, probabilmente sovrabbondante, visto che con le sue esternazioni avrebbe stimolato l’apertura di un caso politico, con Paolo Gentiloni del Pd in testa ad accusarlo di far melina, mascherando come amministrativo un problema che altro non era che una conseguenza dell’irrisolto problema del conflitto d’interessi di Berlusconi, che di Murdoch è il principale competitor italiano. Tuttavia, il confronto accesosi con l’operazione Cielo non si è concretato solo verso il MSE-Com o, in prospettiva, nella direzione dei big player nazionali, con i quali inevitabilmente la News Corp. si sarebbe raffrontata a livello commerciale non appena il programma Cielo sarebbe stato on-air. Infatti, Murdoch, che evidentemente ha già assorbito per bene il peggior modus operandi italiano in materia, ha deciso di infischiarsene del progetto di regolamentazione dei logical channel number (LCN), cioè le codifiche che permettono di creare liste di preassegnazione dei programmi sui telecomandi dell’utenza, di DGTVi (l’associazione a cui fanno riferimento i maggiori broadcaster nazionali italiani ed anche molte locali) occupando di fatto la posizione numero 10 (sulla quale, naturalmente, già sono collocati altri fornitori di contenuti). Tale numero, secondo l’accordo sottoscritto dagli aderenti all’associazione per la promozione del DTT (che, beninteso, non ha nessun effetto cogente e quindi non impegna nessuno se non i sottoscrittori della proposta), dovrebbe spettare alle locali e non certo ad un programma nazionale come Cielo, per di più nuovo (cioè non di derivazione analogica). News Corp. però se n’è infischiata dell’accordo, presumibilmente appellandosi al fatto che, in questo momento, il regolatore (Agcom) non si è espresso con un provvedimento vincolante. Così le associazioni di tv locali FRT (che pure è in una situazione un poco imbarazzante, avendo Sky tra i propri associati nell’associazione tv nazionali) ed Aeranti-Corallo hanno fatto sapere di voler formalizzare quanto prima un esposto ad Agcom, probabilmente anche con l’intento di accelerare il processo di regolamentazione della spinosa questione LCN. Cose che succedono. Ma solo in Italia.