Inevitabile. In patto col lupo, alla lunga, non regge, soprattutto se chi lo conclude è nella condizione di agnello. Così l’asse tv nazionali e locali che si era concretato nell’associazione DGTVI, l’ente per lo sviluppo della tv digitale, è saltato.
Maurizio Giunco (foto), presidente dell’Associazione Tv locali della Federazione Radio Televisioni (FRT), ed editore della lombarda Espansione TV, oggi formalizzerà le proprie dimissioni dal cda di DGTVI, in segno di protesta contro il maxiemendamento governativo alla legge di Stabilità (comma 16) palesemente punitivo verso il comparto degli operatori di rete locali, in quanto priva gli stessi dell’opportunità della vendita di capacità trasmissiva superlocale introducendo il vincolo a valorizzare e promuovere (solo) "le culture locali". Il contrasto (di cui questo periodico aveva dato per primo notizia) è legato al divieto di veicolare su mux consortili partecipati da network provider locali servizi di media audiovisivi nazionali. Il problema è che, con un controverso parere dell’Agcom a cui il MSE-Com si è conformato in sede di rilascio delle determine di attribuzione degli LCN, gli effetti di una norma non ancora approvata sono già stati (seppur parzialmente) positivizzati nei fatti. Nel merito, come reso noto in anteprima su queste pagine, l’11 novembre Agcom ha chiarito che ai servizi di media audiovisivi nazionali veicolati da mux locali spettano identificatori LCN diversi da quelli previsti per i contenuti ospitati da carrier nazionali. Le ripercussioni di tale decisione sul piano commerciale si stanno già manifestando come devastanti: i consorzi creati dagli operatori di rete locali per veicolare programmi nazionali di terzi sull’intera penisola non potranno più competere con i network provider nazionali, poiché garantiranno solo LCN di difficile frequentazione. Giorgio Tacchino, vicepresidente dell’Associazione Tv Locali FRT ed editore piemontese di Italia 7 Gold – uno dei provider locali che aveva più creduto nel business della vendita di capacità trasmissiva di tv locali su scala nazionale – non si spiega il motivo dell’attacco: "Non capisco questo accanimento, non vedo a chi possiamo dare fastidio. Dicono che sia Mediaset. Ma Mediaset ha tutto, perché dovrebbe temere le locali?" A meno che il rischio non sia che i consorzi nazionali di tv locali possano divenire mezzo di sbarco sul DTT di nuovi prodotti Sky, visti come il demonio da Mediaset e RAI. "Ma quel signore mi sembra già impegnatissimo in Sky Italia", osserva Tacchino. Facciamo intanto un passo indietro. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la nota prot. N. 65465 del 11 novembre 2010 ha chiarito che nonostante l’art. 13, comma 8 della delibera n. 435/01/Cons consentisse all’operatore di rete in ambito locale di fornire servizi di trasmissione e diffusione a fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito nazionale e nonostante dal punto di vista tecnico un programma di un content provider autorizzato in ambito nazionale potesse essere veicolato anche da multiplex diversi da quelli previsti per la diffusione in ambito nazionale, ove ciò fosse stato attuato si sarebbero verificati anomalie a danno dell’utenza. Ad avviso di Agcom, in tale frangente non si avrebbe avuta la sicurezza del raggiungimento di una diffusione nazionale del programma (considerazione assolutamente opinabile, atteso che, tranne Mediaset e RAI, gran parte dei carrier nazionali non soddisfano allo stato tale requisito) e avrebbero potuto generarsi conflitti di numerazione, specie nel caso in cui le coperture delle varie reti locali che trasportano lo stesso programma si sovrappongono tra loro, in quanto l’identificatore LCN deve essere unico per tutte le reti/mux DTT che coprono la stessa area geografica. In tali casi, infatti, il decoder riceverebbe due o più flussi dati (TS – Transport Stream) contenenti lo stesso programma associato ad uno stesso LCN ma con differente identificatore di rete/mux e, quindi, il software del ricevitore interpreterebbe tale situazione come quella risultante dalla ricezione di due o più programmi diversi, ma tutti con lo stesso logical channel number, generando pertanto un conflitto relativo alla numerazione nel decoder. Per tali motivi e “nell’interesse della semplicità e facilità d’uso del decoder e per ottemperare alla ratio della norma recata dall’art. 32 del testo unico, volta ad introdurre un ordine predefinito nella numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre, evitando così l’insorgenza di conflitti di numerazione a danno dell’utente”, avrebbero potuto essere assegnati ai programmi trasportati su multiplex di operatori locali le numerazioni appositamente previste dal Piano per le trasmissioni che si estendono su più di due regioni (art. 5, comma 4, lettera h) – cioè i numeri tra 75 e 84 – “fermo restando che laddove tali fornitori esprimano l’intenzione di essere trasportati da operatori nazionali, potrà essere loro attribuita la numerazione spettante ai sensi dell’art. 6 della delibera n. 366/10/Cons (canali digitali terrestri a diffusione nazionale)". Sebbene sul piano tecnico la questione sfuggisse alla piena comprensione, perché, per il decoder, la ricezione di un LCN 29 o 75 in aree di sovrapposizione di mux diversi è esattamente la stessa cosa (sicché non si percepisce la necessità della diversificazione suggerita da Agcom), il MSE-Com si è adeguato e ha attribuito ai fornitori di servizi di media audiovisivi nazionali identificatori nel range 75-84. Il suggerimento è comunque netto: meglio che ci si rivolga a operatori di rete nazionali per la veicolazione di contenuti nazionali. Con buona pace dei consorzi di tv locali costituiti proprio col fine di vendere banda a nuovi fornitori di servizi di media audiovisivi nazionali in concorrenza con i network provider più blasonati. Che, con l’approvazione della legge di Stabilità, potranno chiudere i battenti prima di averli sostanzialmente aperti. (M.L. per NL)