Potrà sembrare strano, ma ormai accade che delle frequenze di pregio in UHF (coordinate a livello internazionale e non assegnate ad operatori di rete nazionali per il servizio televisivo digitale terrestre, a conclusione delle procedure avviate con i bandi pubblicati il 02/05/2016) tornino nelle disponibilità dello Stato per disinteresse degli assegnatari.
Premesso che gli esempi qui esaminati riguardano le frequenze aggiudicate esclusivamente da operatori di rete in ambito locale, collocati utilmente in graduatoria, secondo le modalità disposte dalla legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014, art. 1, comma 147), citiamo il caso del CH 58 UHF per la regione Toscana, il quale, prima assegnato alla Canale Italia srl, in data 04/11/2016 e successivamente revocato alla stessa con provvedimento del 04/10/2017, avendo la Toscana Tv srl, seconda classificata rinunciato all’assegnazione della medesima frequenza e non essendosi collocato in graduatoria alcun altro operatore di rete, rimarrà non assegnato (giusta determina del 26/10/2017).
Situazione, ancorché solo parzialmente simile, in Liguria, dove la stessa frequenza coordinata CH 58 UHF, attribuita il 17/10/2016 alla Telenord srl e successivamente revocata con determina del 06/09/2017, non essendosi collocato in graduatoria alcun altro operatore di rete, non verrà assegnata (giusta determina del 26/10/2017).
Segno che anche in tv, come abbiamo annotato per la radio, le cose stanno rapidamente cambiando: in un momento in cui l’offerta di capacità trasmissiva supera la richiesta (anche in conseguenza del maggiore sfruttamento possibile attraverso la codifica H264, consacrata come tecnologia d’interregno fino al T2), l’attività di operatore di rete pare sempre più appannaggio di poche strutturate aziende in grado di offrire opportune garanzie di servizio (per capillarità, qualità, tecnologia, continuità d’esercizio) che la maggior parte dei piccoli network provider non è più in grado di assicurare (semmai lo sia stata), con la conseguenza che i fornitori di servizi di media audiovisivi puri – cioè che non dispongono di risorse frequenziali in house – più importanti preferiscono magari corrispondere canoni superiori, ma a fronte di certezza di adeguate prestazioni.
Oltretutto, giustamente, gli operatori minori si chiedono: che senso ha pianificare investimenti per l’esercizio di frequenze che in un lasso di due/quattro anni dovranno essere dismesse? (E.G. per NL)