Il Tribunale di Roma ha accolto la domanda di concordato preventivo presentata il 2 luglio scorso da Centro Europa 7, il network provider che veicola la "tv che non c’è" di Francescantonio Di Stefano.
La società che trasporta Europa 7, da quasi tre lustri in lotta con il Ministero dello Sviluppo Economico per l’attribuzione di una frequenza nazionale, è stata quindi ammessa al procedimento. "Non gettiamo la spugna, ma 14 anni di battaglie si sentono tutti e non restava che questa soluzione", ha dichiarato al quotidiano Italia Oggi, azionista di riferimento e presidente del CdA Di Stefano. Le difficoltà eravano evidente: nell’ultimo bilancio disponibile, quello del 2011, CE7 presentava perdite per 4,4 mln di euro e debiti per 34,2 mln, a fronte di un irrisorio fatturato di 0,3 mln euro. A nulla erano valsi i tentativi di competere con gli altri fornitori di servizi media audiovisivi in DTT sulla tecnologia, sperimentando e proponendo per primi il DVB-T2 o sui contenuti, concorrendo per i diritti di alcune squadre di calcio della serie A e di tutta la B per il triennio 2012-2015 (dopo la chiusura della piattaforma Dahlia). "Ora speriamo che la gestione degli impianti di trasmissione, attraverso la controllata Europa Way, possa aiutarci ad uscire dalla impasse – spiega Di Stefano alludendo a contratti di trasporto con terzi content provider -. Ma non potevamo fare altro. Con la crisi economica italiana pure le attività all’interno dei nostri studi televisivi si sono ridotte molto, aggravando ulteriormente la situazione. Dopo 14 anni di battaglie, le dico la verità: mi sono anche stancato di parlarne", conclude sconsolato l’imprenditore romano. (M.L. per NL)