Esaminiamo più a fondo le già enunciate due importanti sentenze della Corte di Giustizia Europea, che, su rinvio del Consiglio di Stato, si è espressa in via pregiudiziale sulle vicissitudini relative al passaggio delle trasmissioni televisive dall’analogico al digitale terrestre in Italia e sul controverso “beauty contest“.
Ricordiamo che il rinvio pregiudiziale (ex art. 267 TFUE) alla Corte di giustizia dell’Unione europea è introdotto con un’ordinanza del giudice nazionale (nel caso di specie il Consiglio di Stato) con la quale quest’ultimo solleva una questione interpretativa a riguardo di una norma di diritto UE (il quale gode di un primato rispetto al diritto interno dei singoli Stati dell’Unione, tanto che “il giudice nazionale ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e di dare al singolo la tutela che quel diritto gli attribuisce, disapplicando di conseguenza la norma interna confliggente, sia anteriore che successiva a quella comunitaria“). La decisione della Corte, tramite una sentenza giuridicamente vincolante, è l’interpretazione ufficiale della questione e come tale vale per tutti gli Stati membri.
Nel merito, con la sentenza 26/07/2017 nella causa C‑112/16 (presentata nell’ambito di una controversia che oppone il network provider Persidera all’Agcom e al Ministero dello Sviluppo economico), vertente sull’assegnazione di diritti d’uso delle radiofrequenze per la radiodiffusione televisiva per via digitale terrestre, ha interpretato il diritto UE come segue:
1) “L’articolo 9 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (…) devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disposizione nazionale la quale, ai fini della conversione delle reti analogiche esistenti in reti digitali, tenga conto delle reti analogiche illegittimamente esercite, in quanto essa porta a prolungare o addirittura a rafforzare un vantaggio concorrenziale indebito”;
2) “I principi di non discriminazione e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disposizione nazionale la quale, in applicazione di un medesimo criterio di conversione, determini nei confronti di un operatore una riduzione del numero di reti digitali assegnate rispetto al numero di reti analogiche esercite in proporzione più elevata di quella imposta ai suoi concorrenti, a meno che detta disposizione non sia oggettivamente giustificata e proporzionata al suo obiettivo. La continuità dell’offerta televisiva costituisce un obiettivo legittimo idoneo a giustificare una siffatta diversità di trattamento. Tuttavia, una disposizione che portasse ad assegnare, agli operatori già presenti sul mercato, un numero di radiofrequenze digitali superiore al numero che sarebbe sufficiente per assicurare la continuità della loro offerta televisiva andrebbe oltre quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo di cui sopra e sarebbe, dunque, sproporzionata”.
In sostanza, secondo la Corte di Giustizia Europea, lo Stato italiano ha errato nel convertire i canali analogici delle reti nazionali che non avrebbero avuto diritto ad esercire in quando eccedenti rispetto al numero massimo assentito in capo al medesimo soggetto, ciò in quanto ha portato a prolungare o, addirittura, a rafforzare un vantaggio concorrenziale indebito.
Relativamente alla controversa conversione di un canale analogico con un mux, la Corte di Giustizia ha espresso una censura in capo al comportamento italiano nella misura in cui agli operatori esistenti in analogico avrebbe dovuto essere consentita la mera prosecuzione dei canali eserciti, attribuendo quindi una capacità trasmissiva digitale sufficiente a farlo e non già una superiore atta alla moltiplicazione dei contenuti a danno dei nuovi entranti (es. 6 canali analogici = 1 mux digitale e non 6 canali analogici = 6 mux).
Con la sentenza 26/07/2017 resa nella causa C‑560/15, la Corte di Giustizia (nell’ambito di una controversia tra le società Europa Way, titolare dell’operatore di rete Europa 7 e Persidera, da un lato, l’Agcom, il Ministero dello Sviluppo economico, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, dall’altro lato), si è invece espressa relativamente alla legittimità della procedura di selezione degli operatori per l’assegnazione dei diritti d’uso delle radiofrequenze per la diffusione terrestre con tecnica digitale di programmi radiofonici e televisivi.
Le interpretazioni del diritto UE sono state le seguenti:
1) “L’articolo 3, paragrafo 3 bis, della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002 (…) dev’essere interpretato nel senso che esso osta all’annullamento, da parte del legislatore nazionale, di una procedura di selezione per l’assegnazione di radiofrequenze in corso di svolgimento organizzata dall’autorità nazionale di regolamentazione competente, in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale, che era stata sospesa da una decisione ministeriale”;
2) “L’articolo 9 della direttiva 2002/21 (…) devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che una procedura gratuita di selezione per l’assegnazione di radiofrequenze, indetta per rimediare all’illegittima esclusione di taluni operatori del mercato, sia sostituita da una procedura onerosa, fondata su un piano riconfigurato di assegnazione delle radiofrequenze a seguito di una riduzione del numero di queste ultime, purché la nuova procedura di selezione sia basata su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati e sia conforme agli obiettivi definiti all’articolo 8, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2002/21, come modificata. Spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, se le condizioni stabilite dalla procedura di selezione onerosa siano tali da consentire un effettivo ingresso di nuovi operatori sul mercato della televisione digitale senza indebitamente avvantaggiare gli operatori già presenti sul mercato della televisione analogica o digitale”;
3) “Il principio della tutela del legittimo affidamento dev’essere interpretato nel senso che esso non osta all’annullamento di una procedura di selezione per l’assegnazione delle radiofrequenze per il solo fatto che taluni operatori, quali i ricorrenti di cui al procedimento principale, erano stati ammessi a detta procedura e, in quanto unici offerenti, si sarebbero visti assegnare diritti d’uso di radiofrequenze per la diffusione terrestre con tecnica digitale di programmi radiofonici e televisivi se la procedura non fosse stata annullata”.
In questo caso la Corte non ha censurato in sé la conversione della procedura cd “beauty contest” in una a titolo oneroso, ma ha stabilito che il giudice nazionale (in questo caso il CdS) deve verificare se le condizioni stabilite dalla nuova procedura fossero effettivamente quelle di consentire un effettivo ingresso di nuovi operatori sul mercato della televisione digitale senza indebitamente avvantaggiare gli operatori già presenti sul mercato della televisione analogica o digitale. (M.L. per NL)
Foto a corredo di Floriano Fornasiero