Di bene in meglio. Era ormai noto che le assegnazioni dei diritti d’uso temporanei per le frequenze DTT alle tv locali conseguivano a istruttorie palesemente approssimative e avrebbero dovuto essere presto riscritte in conseguenza dell’asta per il dividendo esterno (che priverà la radiodiffusione tv dei canali dal 61 al 69 UHF).
Ma che le attribuzioni fossero pesantemente condizionate fino ad una sostanziale vanificazione, come qualcuno ha scoperto con estremo stupore da fax ricevuti ieri dalla D.G.P.G.S.R. (che questo periodico ha potuto esaminare), questo no, non lo si immaginava. E se non fosse che in gioco ci sono centinaia di posti di lavoro e, in taluni casi, la sopravvivenza stessa di imprese attive sul territorio da oltre trent’anni, ci sarebbe da ridere. Un network provider locale a dimensione interregionale nell’Area Tecnica 3, che aveva conseguito alla fine di ottobre l’assegnazione di una risorsa frequenziale su scala pluriprovinciale (peraltro già impugnata al TAR in quanto non equivalente a quella precedente e riduttiva in termini di illuminazione), ha ricevuto ieri un fax dalla D.G.P.G.S.R. col quale si avverte che, da un esame ex post dell’attribuzione su software (perché prima con cosa si era esaminata la posizione?), sarebbe emersa la possibilità di una forte incompatibilità radioelettrica con alcune emissioni RAI. E poiché la tutela delle trasmissioni della concessionaria pubblica avrebbe carattere prioritario, l’operatore privato, secondo la D.G.P.G.S.R., dovrebbe – in caso di insorgenza di interferenze nella fase di switch-off – ridurre la potenza dei trasmettitori fino a garantire il servizio RAI, in attesa che vengano autorizzate le modifiche ai fini della compatibilizzazione. La nota dirigenziale spiega, peraltro, che, ove l’applicazione di accorgimenti ai sistemi radianti (o all’allocazione degli impianti) non sortisse l’effetto sperato, il MSE-Com potrebbe autorizzare il parziale recupero dell’area di servizio perduta dall’operatore attraverso l’installazione di gap filler o impianti compensativi. E qualora anche detta contromisura si rilvelasse insufficiente, il MSE-Com potrebbe rivedere l’assegnazione in termini di frequenza assentita. Ovviamente questa ultima ipotesi appare se non impossibile, fortemente improbabile, posto che il MSE-Com ha raschiato il fondo del barile per dare spazio a tutti i cento operatori di rete locali esistenti nell’A.T. 3. Così, allo sfortunato operatore di rete in balia della leggerezza dell’Amministrazione pubblica nella gestione di una procedura vitale sul piano aziendale, non resta che presentare motivi aggiunti nell’ambito del ricorso al TAR per il quale è stata fissata la discussione dell’istanza cautelare per il prossimo 2 dicembre. E sperare che la magistratura amministrativa decida una volta per tutte di porre termine al continuo proliferare di tali pasticci tecnico-giuridici. (A.M. per NL)