E’ questo quello che si evince dal discorso del Ministro delle Telecomunicazioni, intervistato su RaiUtile riguardo al rapporto della televisione digitale terrestre con quella ben più innovativa che passa attraverso il protocollo IP: “la televisione via internet e quella digitale terrestre credo siano due cose ben diverse. La prima ha la straordinaria potenzialità di portare nelle case di chi la può utilizzare un grandissimo archivio di film e programmi da consultare di volta in volta, più una programmazione lineare come nelle altre televisioni. Può insomma garantire un’offerta maggiore sia del digitale terrestre che del satellite. È una modalità che tuttavia si svilupperà solo nei prossimi anni e che ha dei problemi di ammodernamento della rete. Ci sono miliardi di investimenti da fare sulla rete TLC per connettere milioni di persone, cosa che dipende molto da chi è il gestore principale di questa risorsa cioè Telecom Italia e dal fatto che possa effettivamente farli questi investimenti. Il digitale terrestre è diverso invece, si tratta di una televisione gratuita destinata alle grandi platee generaliste”. Lo stesso motivo è alla base dello slittamento dello switch off dalla tv analogica al digitale: secondo Gentiloni, non si può pensare allo spegnimento della tv analogica non tenendo conto di milioni di utenti ai quali bisogna dare il tempo di imparare ad usarlo, mentre anticipare il passaggio di solo due canali faciliterà il passaggio definitivo del 2012. “Riusciamo a farla prima? Benissimo, io ci metto la firma” risponde a Maurizio Costanzo che aveva giudicato tardiva la data del 2012 “Secondo me” sottolinea Gentiloni “dipende comunque da come partiamo. Ma io credo che per la prima volta abbiamo un traguardo realistico. Il problema di fondo”, aggiunge, “è quello dei contenuti. Perché mai un cittadino italiano dovrebbe utilizzare il decoder se non c’è un’offerta interessante? La gente non compra il decoder per guardarlo , lo compra per guardare la tv. Serve un meccanismo che non inventiamo noi, perché è il meccanismo che si utilizza nel resto d’Europa: pensiamo a 20 canali di editori disponibili, aiutati da spot promozionali da trasmettere sulle tv in chiaro, e i grandi palinsesti di Rai e Mediaset che si trasferiscono sul digitale terrestre. A quel punto si tratterà di intervenire solo sull’ultimo miglio e solo per chi è in difficoltà, magari pensando anche a un sostegno pubblico per i decoder”. Infine, riportando il discorso ai suoi obiettivi fondamentali, pluralismo e liberalizzazione, ha aggiunto “Ci sono tre cose che non si toccano: la ridistribuzione delle risorse in materia di raccolta pubblicitaria per evitare posizioni dominanti. I grandi broadcaster che devono andare verso lo switch off con una rete ciascuno, per liberare più frequenze possibile. E infine la strutturazione di regole ferme per quando il digitale terrestre sarà a regime (dopo il 2012), noi pensiamo ad un tetto di 12 reti a testa”. (TL per NL)