Accuse durissime delle tv locali verso le istituzioni in tema di digitale terrestre e contributi. "E’ necessario intervenire con urgenza per sostenere le tv locali in questo momento di estrema difficoltà economica", aveva dichiarato il presidente dell’associazione tv locali FRT Maurizio Giunco in una nota inviata una settimana fa al ministro allo Sviluppo Economico Paolo Romani.
“La consapevolezza della correlazione fra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita delle piccole e medie imprese – si leggeva nella lettera – ha indotto il parlamento ad approvare l’art. 10 della Legge 422/93 che destina alle emittenti locali una cifra pari a 250 milioni di euro, da prelevare dalle risorse derivanti dal canone Rai, che i cittadini versano ogni anno. Purtroppo alle emittenti locali questi fondi non sono mai arrivati per intero. Per il 2011 l’importo complessivo è stato addirittura fissato a meno di un quarto (60 milioni di euro) dell’ammontare previsto dalla legge. Il forte calo delle entrate pubblicitarie registrato nel biennio 2008/2009 e gli impegnativi investimenti richiesti per il passaggio al digitale terrestre hanno messo a dura prova la tenuta del sistema. Nell’esercizio 2008 il settore ha realizzato perdite per oltre 41 milioni di euro e le previsioni per il 2009 sono decisamente peggiori. Il prolungarsi della crisi economica unitamente alla oggettiva difficoltà di riposizionamento delle tv locali nel nuovo scenario del digitale terrestre, certamente non agevolato da alcuni interventi “istituzionali” quali la soppressione delle provvidenze all’editoria, il nuovo piano nazionale delle frequenze e la tardiva regolamentazione dell’LCN, rischia seriamente di far chiudere i battenti a molte tv locali.” “Dal quadro sopra descritto – concludeva Giunco – emerge chiaramente l’esigenza vitale di un maggiore sostegno economico alle imprese del settore". Sulla stessa linea l’intervento di questi giorni di Luca Montrone di Telenorba, secondo il quale "La chiusura delle TV locali comporterebbe gravissime conseguenze per l’occupazione, poiché ai 5.000 posti di lavoro direttamente assicurati dalle TV locali, ed agli ulteriori 5.000 dell’indotto, si potrebbe aggiungere la perdita di milioni di posti di lavoro delle PMI del Paese (che rappresentano il 70,8% del valore aggiunto totale della nostra economia), che perderebbero il mezzo televisivo attraverso il quale farsi conoscere dai cittadini e stimolare il consumo dei loro prodotti. Inoltre, con la chiusura delle TV locali, il Paese perderebbe la pluralità di soggetti che assicura il pluralismo dell’informazione, e perderebbe lo strumento prezioso con il quale garantire la tutela delle specialità culturali ed identitarie delle regioni e dei territori. Per questo è necessario definire già nella Finanziaria (legge di Stabilità) in discussione in Commissione Bilancio della Camera il recupero dei tagli. Nella certezza di un Suo contributo alla soluzione del problema, La ringrazio sin d’ora e Le porgo i più cordiali saluti". E’ invece incentrato sul piano tecnico la denuncia del Comitato Radio Tv Locali di Milano, che se la prende con l’assegnazione delle frequenze. "Se qualcuno pensava di andarsene in giro per Milano con la “Madonnina sotto il braccio” senza che nessuno se ne accorgesse, ha sbagliato zona: denunceremo lui e chi gli ha dato “le chiavi del Duomo”. Nel centro del mirino del comitato il fatto che "le assegnazioni delle frequenze del DTT in Lombardia non sono avvenute attraverso una regolare gara: alla faccia dell’equità, trasparenza e non discriminazione, sono state assegnate a tavolino, col risultato che alcune emittenti sono state private delle proprie aree di servizio storiche a vantaggio di altre, che oggi sono illegittime assegnatarie di frequenze per territori, anche molto vasti, in precedenza nemmeno minimamente illuminate". Il CRTL contesta anche il "pasticcio" della numerazione automatica sul telecomando (L.C.N.): "Solo 10 TV Locali (scelte con un criterio già “bollato” dall’Antitrust come “… distorsivo delle dinamiche competitive nel mercato”) dovranno andare sul telecomando dopo le storiche nazionali, le altre dovranno agonizzare dopo il settantesimo numero! Sì, perché, prima di loro, si è deciso di mettere i nuovi programmi nazionali dei grandi network e addirittura di riservare i numeri più appetibili ad emittenti che ancora devono nascere! Con buona pace di chi sul territorio e sul telecomando ci stava da 30 anni!". Eppure, ieri a Roma, al convegno organizzato da Ericsson, Stefano Parisi, ex amministratore delegato di Fastweb e presidente di Astel, l’Associazione dei gestori telefonici aderente a Confindustria e Corrado Calabrò, presidente Agcom, come ci ha ricordato l’amico Andrea Lawendel (giornalista e blogger presente all’incontro) nella sezione commenti di questo periodico, hanno usato parole durissime ed esplicite per criticare quello che a loro parere sarebbe un eccessivo favoritismo nei confronti delle televisioni locali. In particolare, Calabrò ha stgimatizzato i privilegi di cui godrebbero televisioni locali "che occupano il video con i monoscopi perché non possono fare altro", mentre "in Parlamento i favori di cui gode la televisione fanno sì che tutto venga spinto verso di loro". (M.L per NL)