DTT, dividendo interno. Sindacati tv locali esprimono preoccupazione. Quale futuro per emittenti sul ch 59? Agcom definisca risorse per risolvere interferenze tra emittenti private

L’associazione Aeranti-Corallo "esprime preoccupazione circa le nuove scelte adottate" dall’Agcom con la delibera n. 277/13/CONS, che fissa le regole per l’asta del dividendo digitale interno.

Per l’ente esponenziale, in particolare, "occorrono garanzie per il mantenimento del terzo delle frequenze da parte delle tv locali e per la continuità di esercizio da parte delle imprese televisive locali attualmente operanti sul canale 59 Uhf". Il sindacato chiede poi "che una parte delle frequenze resesi disponibili venga utilizzata per risolvere le numerose criticità del settore locale".  A riguardo, ricordiamo lo scorso 11 aprile il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha approvato la delibera n. 277/13/CONS che fissa le regole per l’asta delle frequenze televisive per la tv digitale terrestre. Il provvedimento approvato dall’Agcom modifica in maniera rilevante lo schema del 14 novembre 2012, oggetto di consultazione pubblica e di interlocuzione con la Commissione europea. In particolare, i lotti in gara non sono più sei, come originariamente previsto, ma diventano tre, tutti relativi a frequenze inferiori ai 700 MHz. La precedente delibera prevedeva, invece, tre lotti “L” (sotto ai 700 MHz) e precisamente: L1 (ch. 6 e 7 Vhf); L2 (ch 25 Uhf); L3 (ch 23, 24 e 28 Uhf), con diritti di uso ventennali e tre lotti “U” (banda 700 MHz), e segnatamente: U1 (ch 54 Uhf); U2 (ch 55 Uhf) e U3 (ch 58 Uhf), con diritti di uso quinquennali. La nuova delibera 277/13/CONS espunge per contro le frequenze dei lotti “U”, riconfigurando il piano delle frequenze televisive non più su 25, ma su 22 reti televisive nazionali. Inoltre, vengono ridefinite le frequenze relative ai tre lotti messi a gara, che risultano, pertanto così formati: L1 (ch 6 Vhf e 23 Uhf); L2 (ch 7 e 11 Vhf); L3 (ch 25 e 59 Uhf; l’assegnatario avrà diritto ad un canale sostitutivo del 59 nel 2016). Le frequenze non più a gara, si legge nelle considerazioni iniziali della delibera, serviranno, tra l’altro, alla “risoluzione delle specifiche problematiche interferenziali lamentate da vari operatori” e saranno destinate al miglioramento del sistema televisivo, all’efficientamento della rete di servizio pubblico della RAI (attraverso l’utilizzo delle frequenze dell’ex lotto L3 e cioè dei ch 23, 24 e 28 Uhf), alla liberazione graduale dei canali 57-60 entro il 2016 e secondo le priorità di pianificazione stabilite dall’Autorità e alla pianificazione e riassegnazione dei rimanenti canali della banda 700 MHz entro il 2020; inoltre, l’esclusione delle suddette frequenze dalla gara “permetterà l’individuazione di una road map del re-farming della banda 700 con il duplice obiettivo di consentire in tempi più ravvici-nati di bandire la gara dei servizi Lte sulla porzione di banda superiore (canali da 57 a 60) e di dare certezze di utilizzo ai canali inferiori (canali da 49 a 56) che potranno essere utilizzati per la televisione per un periodo più lungo”. Con riferimento al valore dei lotti messi a gara, dall’ipotesi inizialmente emersa di 240 milioni di euro (per i tre lotti), l’Agcom ritiene praticabile la parametrazione del minimo d’asta ai modelli di business del mercato televisivo; a tal fine, secondo l’Agcom, un riferimento è rappresentato dal DM 23 gennaio 2012 che ha fissato le misure compensative per il rilascio volontario delle frequenze nella banda 800 MHz (canali 61-69). Tale valore deve essere corretto, rileva l’Agcom, per tener conto del differente grado di copertura dei canali, che raggiungono complessivamente il 62% della popolazione nazionale. (E.G. per NL)

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