Si complica ulteriormente la controversa gara per l’assegnazione della riserva frequenziale per i nuovi player tv e gli esistenti operatori minori del digitale televisivo terrestre.
Nonostante la povertà qualitativa delle frequenze da assegnare, Rai e Mediaset hanno presentato ricorso al TAR contro il regolamento con cui l’Agcom ha escluso dalla gara i grandi provider, con la sola eccezione di Sky (che può concorrere per uno dei tre lotti), in quanto il provvedimento dell’ente di garanzia delle tlc esclude gli operatori che hanno tre o più multiplex (e Rai e Mediaset ne hanno quattro). L’evoluzione più recente della vicenda giudiziaria attiene al ricorso presentato da Elettronica industriale, società totalmente partecipata da Rti (Reti televisive italiane), soggetto della galassia Mediaset. e istanze dei colossi tv generalisti potrebbero far slittare di qualche mese (se non di più) l’asta. La discussa gara, che gli osservatori qualificati danno per deserta o quasi – perché le migliori frequenze originariamente riservate da Agcom sono state destinate a risolvere i pasticci conseguenti alla cattiva attuazione dell’assegnazione delle frequenze DTT in occasione dello switch-off nazionale – dovrebbe portare nelle casse statali meno di 100 mln di euro (la bozza del bando inviata nei giorni scorsi a Bruxelles prevede infatti per i tre mux una base d’asta di 30, 29 e 28 mln di euro). Cioè una cifra ridicola rispetto al miliardo e più ipotizzato dall’assegnazione delle frequenze originariamente previste con la formula del beauty contest. Eppure c’è chi dice che per assegnare i canali disponibili si dovrà scendere sotto gli 80 mln di euro. Insomma, poco più che una formalità per (tentare di) chiudere la procedura d’infrazione avviata dall’UE contro il nostro paese per atteggiamenti eccessivamente protezionistici nei confronti degli operatori esistenti. In primis quei superplayer che oggi hanno impugnato il regolamento Agcom. (M.L. per NL)