Ci avviciniamo a grandi passi alle elezioni politiche, e pare proprio che la “novità”, destinata a dare forma a questa vigilia dell’ennesima chiamata alle urne, sia quella del dilagare di Twitter, il social media sulla cresta dell’onda.
Dopo l’arrivo del Papa, tutti hanno abbandonato le residue remore e hanno cominciato a cinguettare a più non posso, inondando di sentenze, aforismi e più terrene chiacchiere eserciti di follower, reali o fittizi che siano. Poteva mancare il ministro Passera? No di certo, e infatti eccolo esordire il 7 gennaio con, tra l’altro, un tweet che prima rivendica l’annullamento del famigerato beauty contest per l’assegnazione del dividendo digitale interno, e poi annuncia che l’asta per le frequenze si farà non appena arriveranno i pareri di Agcom e UE. Niente di nuovo, dirà chi ha avuto la costanza di seguire la vicenda fin dai suoi travagliati inizi. Non c’è dubbio che i passaggi siano, nell’ordine, l’arrivo del parere della Commissione europea sul regolamento predisposto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e il successivo inoltro dello stesso regolamento al Ministero dello sviluppo economico per la realizzazione dell’asta. Altrettanto indubbio è che i tempi tecnici necessari allo svolgimento di questi due passaggi non consentiranno certo l’inizio della procedura di gara entro la fine di questa legislatura. In realtà, per capire l’improvviso risveglio di interesse nei confronti della questione, occorre ricostruirne la probabile cronologia: nello stesso giorno dell’esordio cinguettante del ministro, ha visto la luce un articolo su Repubblica.it, a firma Aldo Fontanarosa, dall’inquietante titolo “Salta l’asta sulle frequenze tv: sfuma un affare da 1,2 miliardi”, la lettura del quale ha probabilmente ispirato la domanda via Twitter a cui a sua volta l’esponente del governo ha replicato. Nell’articolo si citano le questioni relative ai problemi interferenziali con gli stati esteri, che sono state poste all’attenzione di Agcom anche in sede di consultazione pubblica del regolamento per la gara, ma sono noti agli addetti ai lavori sin dai tempi del primo switch-off. Si parla poi dell’orientamento di alcuni “membri del nostro Garante che vorrebbero fermare il treno dell’asta delle frequenze” in contrasto con il governo che vorrebbe fare la gara prima delle elezioni. La fantasiosa ricostruzione trova immediato riscontro anche sul Il Fatto Quotidiano.it, che rilancia con un redazionale retweettando “Passera: -Cancello il beauty contest-. E sfuma l’asta delle frequenze tv”. A questo punto al lettore, almeno a quello vicino alle posizioni dei due quotidiani più in voga a sinistra, non resta più alcun dubbio: la gara per le frequenze, così fortemente voluta in chiave anti-berlusconiana, è stata definitivamente affossata. Stando ai fatti, però, le cose non stanno proprio così. Di ragioni per svuotare l’asta ce ne sarebbero tante, a cominciare dai citati problemi con l’estero, passando per le frequenze pretese dalle emittenti locali, fino alla spada di Damocle dei tre multiplex da restituire allo Stato entro cinque anni per essere consegnati alle telco. Tutti sono stati puntualmente evidenziati durante la consultazione pubblica e, ancora prima, nel dibattito che ha contraddistinto l’infinita fase di transizione tra la vecchia e la nuova Agcom. A tutti la stessa Autorità ha deciso di non dare particolarmente ascolto, partorendo a suo stesso dire un testo “largamente invariato” rispetto all’originale. La bozza è stata inviata all’UE e se, come previsto dai più, verrà approvata, la palla passerà al MiSE che allestirà il tutto presumibilmente quando il nuovo governo si sarà insediato. L’asta, quindi, si farà. Se poi avrà esito positivo, per le casse dello Stato e/o per il pluralismo dell’offerta televisiva, è tutta un’altra questione, già peraltro ampiamente discussa da molti autorevoli esponenti del settore, la maggior parte dei quali per la verità si è dichiarata decisamente pessimista. Non ha certo giovato la lunga attesa, che il governo tecnico non ha saputo abbreviare, seguita alla decisione di annullare il beauty contest (unico fatto concreto che il ministro Passera può ben rivendicare). Un periodo durante il quale la tecnologia e il mercato hanno continuato ad evolversi a ritmi sostenuti, facendo vittime tra i più deboli e lasciandosi alle spalle una politica sempre più inadeguata a sostenere lo sviluppo del paese. Attribuire le responsabilità a questo o quel governo, magari a fini elettorali, è ora un esercizio inutile: occorre rimboccarsi le maniche e cercare di ripartire al più presto. Comunque vada l’asta per le frequenze… (E.D. per NL)