«Nessun rischio flop» per l’asta del dividendo televisivo digitale interno, relativamente al quale, nei giorni successivi alla pubblicazione di bando e disciplinare da parte del Ministero dello Sviluppo Economico erano esplose polemiche sulla scarsa appetibilità dei lotti di frequenze messe a gara e sul ridotto numero di aspiranti alla partecipazione.
La "rassicurazione" di cui in apertura viene direttamente dal presidente della Fondazione Ugo Bordoni, Alessandro Luciano, che, in un’intervista all’Adnkronos, ha tentato di fugare le fortissime perplessità a riguardo della partecipazione alla gara di nuovi soggetti nel panorama tv italiano e/o di player minori (cioè gli unici aventi titolo a concorrere, in base ai requisiti fissati). «Ci sono ancora frequenze disponibili sulla stessa banda», ha spiegato Luciano, precisando che «questa assegnazione era partita con un beauty contest e siamo arrivati a un’asta che vedrà sempre la Fondazione Bordoni nel ruolo di advisor». «Pur non essendoci i ‘big’ del settore ci sarà un grossissimo interesse per questi 3 multiplex da parte degli altri operatori televisivi», ha sottolineato Luciano, che ha chiarito come «la fondazione Bordoni offrirà al Mise il supporto tecnico necessario allo svolgimento dell’asta per l’assegnazione dei nuovi diritti d’uso sulle frequenze televisive nazionali» (il ruolo della FUB riguarda sia gli approfondimenti degli aspetti procedurali sia il vero e proprio espletamento della gara). «Gli importi minimi – ha continuato l’esponente FUB – sono stati stabiliti secondo i criteri indicati dall’Agcom e in base al costo per abitante coperto previsto dal decreto per le misure compensative per la realizzazione della banda di 800 megahertz». Affidando l’incarico alla Bordoni «il ministero dello Sviluppo – ha ricordato Luciano – ha voluto replicare l’esperienza precedente: la gara nel 2012 per le frequenze per la telefonia radiomobile» che portò ad un incasso di circa 4 miliardi di cui circa 3 miliardi per la sola banda a 800 megahertz. «Questa banda molto pregiata per le comunicazioni radio è stata resa disponibile al servizio mobile come dividendo digitale in conseguenza della migrazione dall’analogico al digitale nella tv», ha rilevato il presidente della Fondazione. «Ancora prima nel 2008 la Fub ha curato l’asta per la banda larga senza fili in tecnologia wi-max ; la gara ha rappresentato una best practice europea sia per la maggiore complessità di svolgimento dell’asta legata alla suddivisione macro-regionale nonchè regionale dei diritti d’uso sia per il conseguente elevato numero di partecipanti». Se è vero che quella gara fruttò alle casse dello Stato l’importo finale di circa 136 milioni di euro (superiore di ben 176% al prezzo posto a base d’asta), va anche detto che, economicamente parlando, ci riferiamo ad un’era geologica fa e, soprattutto, che i limiti di partecipazione all’asta restringono enormemente le aree degli interessati. Nel merito, ricordiamo che andranno all’asta frequenze che compongono tre reti televisive digitali terrestri nazionali con un diritto d’ uso ventennale non trasferibile per i primi tre anni a comporre i seguenti lotti: a) Lotto L1 con l’utilizzo dei canali 6 e 23 con una copertura nominale stimata di popolazione pari all’89,5%; b) Lotto L2 con l’utilizzo dei canali 7 e 11 con una copertura nominale stimata di popolazione pari al 91,1%; c) Lotto L3 con l’utilizzo dei canali 25 e 59 con una copertura nominale stimata di popolazione pari al 96,6%. Il provvedimento consente di concorrere per tutti e tre i lotti (L1, L2, L3) ai soli nuovi entranti o piccoli operatori (cioè coloro che detengono un solo multiplex), di concorrere per due lotti (L1 e L3) agli operatori titolari di due reti in DVB T; agli operatori integrati, attivi su altre piattaforme con una quota di mercato superiore al 50% della tv a pagamento (Sky) al solo lotto L1. Il bando esclude invece dalla partecipazione alla gara gli operatori che detengono tre o più multiplex (Mediaset, Rai e Telecom Italia Media Broadcasting). Quindi, sono fuori dai giochi proprio i soggetti che avrebbero maggiore capacità economica. Oltretutto, a rendere non improbabile l’assenza di partecipanti alla prima convocazione, c’è il fatto che, a fronte dell’aggiudicazione di frequenze non certamente eccelse in termini di possibilità concreta di raggiungere l’utenza (prevalentemente per via del parco antenne), vi sono gli imponenti costi connessi all’installazione dell’infrastruttura di diffusione, per la quale vige l’obbligo per gli aggiudicatari di raggiungere la copertura del 51% (purché comprendente il 10% della popolazione di ogni regione) entro 5 anni, ancorché in modo graduale. Senza considerare, peraltro, che uno dei canali costituenti il lotto 3, il 59 UHF, dovrà finire alla LTE a breve. Ma, sopra ad ogni cosa, vi è l’indubbia incertezza della reale portata del business, considerato che già oggi sul mercato italiano vi è una notevole quantità di capacità trasmissiva DTT (nazionale, ma soprattutto locale, stimata addirittura nel 55%) invenduta, che aumenterà ancor di più col passaggio al DVB-T2, nonostante l’imminente sottrazione di ulteriori risorse frequenziali per il potenziamento della tecnologia LTE e per dirimere le problematiche interferenziali con gli stati esteri. Inoltre, i network provider satellitari si preparano a lanciare la tv Super-Hd in 4k (che indica l’approssimazione dei suoi circa quattromila pixel orizzontali di risoluzione), che potrebbe stroncare l’alta definizione DTT e si sta consolidando la fruzione della tv on demand sul web che, come più volte osservato, finirà, nell’arco di un decennio, per spazzare via la pay per view via etere, incapace di reggere il confronto con una piattaforma distributiva che ha virtualmente uno spazio infinito dove domiciliare i propri contenuti. Con l’effetto che il ruolo del DVB-T finirà per essere quello di sussidio per la fruzione della tv in chiaro. Non stupisce, quindi, che qualcuno abbia provocatoriamente dichiarato che una base d’asta congrua dovrebbe essere un ventesimo di quella proposta. (M.L. per NL)