"La REA ricorda che le sei frequenze che si vogliono mettere all’asta sono state rubate alle locali". Dopo un prolungato (ed ingiustificabile) silenzio, all’indomani della attesa decisione del governo Monti di monetizzare le frequenze del dividendo interno, qualche sindacato radiotelevisivo inizia ad esporsi sull’argomento.
Per la REA, ente esponenziale che raggruppa perlopiù emittenti tv di minori dimensioni imprenditoriali, "La clamorosa decisione del governo Monti di annullare l’assegnazione gratuita delle sei preziose frequenze del beauty contest (dividendo digitale interno), sul piano politico, è da valutare". Secondo l’associazione non sarebbe infatti detto che sia "un benefico segnale di svolta dell’azione di governo per battere il conflitto d’interessi che negli ultimi quindici anni ha incancrenito la democrazia italiana o nulla di più di un “dispetto” voluto e organizzato dalla inviperita Lega contro il suo ex amante Berlusconi. Il fatto che sia stato il leghista Roberto Maroni il primo firmatario dell’ordine del giorno, sottoscritto poi da Antonio Di Pietro (IdV) e Paolo Gentiloni (PD), che impegna il governo a mettere all’asta le frequenze “a titolo oneroso” fa pensare ai noti giochetti della politica tutta protesa alla ricerca di nuovi assetti interni nei centri di potere dello Stato piuttosto che a una salutare azione per riparare ai tremendi “calci” dati all’articolo 21 della Costituzione dall’ex governo Berlusconi in nome dei suoi interessi personali. Pare che l’asta sia stata oramai decisa, ma nessuno canti vittoria su questa clamorosa vicenda. La sconfitta della democrazia c’è e rimane ed è quella di aver “rubato” un bene prezioso di lavoro alle emittenti locali. Quelle sei frequenze sono state tolte a loro e, se giustizia si vuol fare, a loro dovrebbero tornare per un giusto ed equilibrato assetto radiotelevisivo fortemente squilibrato verso le nazionali". (M.L. per NL)