DTT, dividendo esterno, manu militari governo Berlusconi su canali 61/69. FRT: disattesi impegni presi col CNID. Al vaglio incostituzionalità norma che limita ricorsi TAR

"Alla fine l’aumento dell’indennizzo alle tv locali da 240 a 480 milioni di euro per l’esproprio delle frequenze dal 61 al 69 non c’è stato.

Il Consiglio dei Ministri giovedi scorso ha difatti approvato un provvedimento da presentare in DL alle camere (si teme blindato) nel quale non è previsto l’aumento dell’indennizzo per l’esproprio delle frequenze che rimane al 10% degli incassi dell’asta alla quale parteciperanno le compagnie telefoniche. Peraltro scompare il tetto dei 240 milioni mediante un meccanismo contorto di cui si dirà più avanti". Lo dichiara la Federazione Radio Televisioni (FRT), rircordando che  "il Ministro dello sviluppo economico Paolo Romani nell’ultima riunione del CNID tenutasi a Roma il 14 aprile scorso si era impegnato a convincere il Governo (leggasi Giulio Tremonti), in occasione dell’approvazione del DPEF, di elevare il contributo dal 10% al 20%. L’aumento dell’indennizzo che sarebbe passato da 240 a 480 milioni di euro era infatti un accettabile compromesso tra la necessità di far cassa da parte del Governo e l’esigenza di recuperare almeno i costi degli investimenti realizzati dalle emittenti locali per la conversione al digitale terrestre nelle aree digitalizzate"."Il Governo, sollecitato dal ministro Tremonti, ha invece scelto la via della forza, mortificando i diritti delle tv locali – prosegue la FRT – e poteva agire con maggiore equità. Poteva cioè perseguire gli obiettivi di bilancio senza per questo mortificare gli interessi di centinaia di imprese. Inoltre, se l’obiettivo del pareggio di bilancio si raggiunge con l’incasso dei famigerati 2,4 mld di euro tutto ciò che supera questa cifra è da considerarsi un surplus che poteva, per esempio, essere interamente messo a disposizione delle imprese televisive. Invece la manovra approvata dal governo prevede soltanto eventuali maggiori somme risarcitorie ma introduce ulteriori obblighi per le emittenti locali, ancor più perentori di quelli previsti dalla Legge di stabilità (n. 220/2001) a cominciare dalla "disattivazione coattiva degli impianti" mediante l’intervento della polizia delle comunicazioni. Le frequenze dovranno essere liberate entro e non oltre il 31 dicembre 2012. Chi entro quella data non libererà le frequenze dovrà corrispondere gli interessi legali sulle somme versate dalle compagnie telefoniche a decorrere dal 1° gennaio 2013. Il Governo infatti anticiperà gli interessi alle compagnie telefoniche per poi rivalersi sulle emittenti locali. Rispetto alla Legge di stabilità, le misure compensative non sono più "finalizzate a promuovere un uso più efficiente dello spettro attualmente destinato alla diffusione di servizi di media audiovisivi in ambito locale" ma "finalizzate al volontario rilascio di porzioni di spettro ..".  L’unica nota positiva del provvedimento risiederebbe nel fatto che "una quota non superiore al 50 per cento (il che non significa il 50%, ma potrebbe essere, per esempio, anche l’1%) delle maggiori entrate accertate rispetto alla stima di cui al precedente comma (2,4 mld di euro, ndr) sono riassegnate nello stesso anno al Ministero dello sviluppo economico per misure di sostegno al settore da definire con apposito decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze (SIC!)" . Ciò significa che se il Governo incasserà dall’asta 3 mld le maggiori entrate accertate sarebbero 600 milioni di euro di cui 300 milioni (corrispondenti al 50% delle maggiori entrate accertate) dovranno essere riservate al settore dell’emittenza locale. Il provvedimento approvato prevede anche che Il 10% delle maggiori entrate potrà anche essere corrisposto a titolo di indennizzo per la liberazione delle frequenze. Rimanendo nell’esempio, se le maggiori entrate saranno 600 milioni60 milioni potrebbero andare come risarcimento agli espropriati. Questa disposizione elimina di fatto il tetto dei 240 milioni di euro previsto dalla Legge di stabilità. Il timore dei ricorsi contro il bando di gara per l’assegnazione dei canali 61-69 minacciati dalle emittenti locali ha indotto il Governo a definire l’asta di "preminente interesse nazionale" in ragione del quale il TAR del Lazio (giudice amministrativo competente) nel caso proceda all’annullamento degli atti e provvedimenti adottati nella procedura di esproprazione e successiva assegnazione delle frequenze alle compagnie telefoniche, non potrà comunque disporre la reintegrazione in forma specifica (ossia riconsegnare alla tv locale la frequenza espropriata) ma solo pronunciarsi sull’eventuale risarcimento del danno. Quest’ultima disposizione, che limita il campo d’azione del ricorrente, potrebbe presentare profili di incostituzionalità della norma che verranno senz’altro approfonditi dai legali della FRT", conclude l’ente esponenziale.

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