DTT, dividendo esterno, larga banda e internet mobile: il governo sposa la causa delle telco sacrificando quella delle tv locali

Dopo l’atteggiamento di sostanziale immobilismo sulle questioni della rete che il governo italiano ha tenuto per quasi tre anni, ora qualcosa sembra muoversi nella direzione di un rinnovato impegno a favorire gli investimenti degli operatori di telecomunicazione nelle autostrade telematiche.

Tutto gira intorno all’ormai arcinota asta per le frequenze dedicate all’internet mobile, che è ovviamente al centro delle attenzioni dell’esecutivo per via di quei vagheggiati 2,4 miliardi di euro che darebbero una bella boccata di ossigeno alle esauste casse dello Stato. Posto anche lo spauracchio dell’obbligatoria clausola di salvaguardia che imporrebbe a Tremonti, in caso di mancato o inferiore incasso, di tagliare risorse a Ministeri ormai ridotti alla canna del gas. Così il disegno di legge 2665 in materia, tra l’altro, di “razionalizzazione dello spettro radioelettrico”, appena licenziato in Commissione al Senato, cerca di imporre paletti e scadenze precise per la liberazione della banda UHF ormai ex-televisiva. Lo scopo è quello, dichiarato anche nella relazione tecnica al ddl, di emanare una norma di rango primario che assicuri agli operatori la certezza giuridica dell’effettiva disponibilità delle frequenze. Sperando che basti per tranquillizzare le telco, che continuano a far pervenire segnali di irritazione e scarsa disponibilità a sborsare le cifre prospettate, in mancanza di precise garanzie. Allo stesso tempo viene presentato il roboante “Piano nazionale delle riforme”, in cui si descrivono le iniziative presenti e future del governo in materia di politica economica. E nel settore “innovazione” si trovano una serie di voci che sembrano segnare un punto di svolta nelle prospettive di sviluppo delle reti a larga banda. Intanto si parla di “completamento del Piano di infrastrutturazione delle reti di comunicazione elettronica nelle aree a fallimento di mercato”, e spuntano 370 milioni di euro da investire da qui al 2013. Poi l’”avvio del Piano per portare le reti di nuova generazione al 50 per cento dei cittadini italiani”, con “un’iniziativa in partenariato pubblico privato”. E qui si inserisce la Cassa depositi e prestiti, vero strumento delle politiche di investimento tremontiane, che promette di portare in dote, tra l’altro, la cospicua liquidità del risparmio postale delle famiglie italiane. E infine ecco la voce “anticipo completamento piano switch-off televisione analogica” e quella un po’ frettolosamente definita “gara frequenze in banda 800”, la cui descrizione curiosamente esordisce con “maggiore disponibilità per compensare la liberalizzazione (?) delle frequenze da parte delle emittenti locali”. Peccato che gli emendamenti al sopracitato ddl di “razionalizzazione” che proponevano di aumentare gli indennizzi alle tv locali, presentati sia dall’opposizione che dalla stessa maggioranza, sono stati brutalmente azzerati per diktat governativo. Una cosa sono i “piani quinquennali” di sovietica memoria, un’altra le norme di legge che poi concretamente determinano la realtà. Fornitori di reti e servizi presenti e futuri, siete avvertiti. (E.D. per NL)

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