“Il prezzo delle frequenze è troppo alto. Non solo per noi, ma anche per gli altri. Si rischia che la gara vada deserta. Si dovrebbe partire dalla metà di quel valore”.
La raggelante dichiarazione è di Vincenzo Novari, a.d. di 3 Italia, uno dei provider telefonici considerato tra i più interessati alla gara per l’assegnazione del dividendo esterno, cioè i canali UHF dal 61 al 69 (ed altri eventualmente disponibili perché rinvenuti non utilizzati dai soggetti assegnatari) per il potenziamento della banda larga in mobilità (anche per supportare quella fissa che sta collassando) secondo le direttive UE. E poiché già sembrava ridicolo l’indennizzo previsto dalla legge di Stabilità per gli attuali occupanti dei canali da liberare (10% degli introiti percepiti dallo Stato fino ad un massimo di 240 milioni di euro), ben si può immaginare la reazione degli sloggianti davanti all’ipotesi di 1,2 mld di euro da dividere tra centinaia di emittenti locali. Intanto il fronte degli editori locali appare sempre meno compatto, con associazioni di categoria alla disperata ricerca di credibilità dopo l’inaccettabile superficialità mostrata nella gestione dei procedimenti di assegnazione dei diritti d’uso nelle aree tecniche 3, 5, 6 e 7. Le annunciate azioni di protesta sembrano ancora di là a venire oppure sfumate nella totale indifferenza: di spot in onda non si sente più parlare (saranno stati trasmessi da qualcuno?), l’attività lobbistica è ormai palesemente archiviata (par quasi che ognuno pensi a sé, all’insegna del si salvi chi può) e gli stessi operatori faticano a condividere obiettivi e strategie, anche davanti alle azioni sempre più aggressive del MSE-Com. E ormai più d’uno sussurra a denti stretti che, con queste premesse, per i big player, a settembre, rastrellare capacità trasmissiva per il potenziamento dell’offerta digitale terrestre sarà un gioco da ragazzi.(A.M. per NL)