L’asta competitiva per l’aggiudicazione dei diritti d’uso di 255 MHz di spettro radioelettrico, divisi tra le bande degli 800, 1800, 2000 e 2600 MHz, fa segnare di giorno in giorno nuovi record.
Superata la soglia dei tre miliardi di euro, soprattutto grazie alla lotta accanita per le frequenze degli ex canali TV del dividendo digitale esterno, si comincia a parlare di come destinare i soldi eccedenti i famosi 2,4 miliardi previsti dalla legge di stabilità 2010. Ovvero il 50% dell’eccedenza che, così come previsto dalla manovra finanziaria di luglio, potrà essere reinvestito nel settore delle telecomunicazioni. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni prende l’iniziativa e mette nero su bianco al governo alcune proposte, che hanno se non altro il merito di abbandonare almeno in parte la logica degli incentivi alle infrastrutture di “banda larga” per concentrarsi su altri aspetti, quali l’alfabetizzazione informatica e la promozione dell’editoria online. Si parla infatti tra l’altro di “adeguate politiche scolastiche e formative”, nonché di “bonus” per gli abbonamenti a quotidiani online per gli studenti. Strumenti che, nelle intenzioni dell’Autorità, dovrebbero servire ad aumentare la consapevolezza dei futuri cittadini digitali nei confronti della rete, mettendoli nelle condizioni di usufruire pienamente dei servizi resi possibili dall’internet di nuova generazione. Certo non basteranno i proventi una tantum dell’asta a imprimere una svolta alle nostre politiche educative, che necessiterebbero di essere rimesse al centro dell’azione di governo e invece sono perennemente vittima di tagli lineari. Né ci si augura il revival di iniziative all’insegna del “tanto fumo e poco arrosto” come quelle delle lavagne multimediali e del wi-fi in ogni scuola. Suscitano qualche perplessità anche le agevolazioni per gli abbonamenti ai quotidiani online, che rischiano di configurarsi come l’ennesimo pannicello caldo atto ad alleviare gli acciacchi di un’editoria che fatica a rinnovarsi. Resta il fatto che in Italia il digital divide culturale, quanto e forse più di quello fisico, rimane uno dei principali ostacoli alla diffusione di un uso consapevole e maturo della rete e al dispiegamento delle sue potenzialità di innovazione e crescita, non solo in termini economici ma anche individuali e sociali. E’ quindi senz’altro un fatto positivo che le istituzioni comincino a porsi il problema, dopo anni passati a dibattere esclusivamente sul nodo delle infrastrutture. Peraltro è da sottolineare che su quest’ultimo versante siamo ancora ben lontani dai fantascientifici obiettivi della Digital Agenda europea, nonostante l’assemblaggio un po’ affrettato dell’ADI (Agenda Digitale Italiana). E i prossimi mesi non porteranno sicuramente grossi investimenti da parte degli operatori TLC, che si stanno attualmente svenando per aggiudicarsi frequenze che, nella più ottimistica delle ipotesi, non potranno usare prima del 2013. Nell’attesa dei 100 Mbps in ogni casa e dell’internet delle cose, ben vengano allora le iniziative di formazione e aggiornamento, sempre che il nostro disastrato sistema scolastico sia in grado di supportarle. Va bene insegnare ai nostri ragazzi cosa vuol dire e-government, telelavoro, smart grid, e-learning, e-health, ecc., ma poi non dimentichiamoci di rispondere alle loro aspettative. Altrimenti sarà solo l’ennesima presa in giro. (E.D. per NL)