Il valore delle frequenze che il governo vuole mettere all’asta è destinato a ridursi senza certezza sulla disponibilità delle stesse.
Lo ha riferito l’amministratore delegato di Vodafone Italia, Paolo Bertoluzzo, nel corso di un’audizione alla commissione Lavori pubblici del Senato. "Gli amministratori delle società fanno una valutazione dei ricavi che si attendono dalla rete, poi lo scontano, e quindi si fanno un’idea di quanto possono spendere: se non c’è certezza della rete, che consente di dire quando si avvia l’uso, bisogna aggiungere un fattore di rischio che fa diminuire il valore" dell’offerta, ha detto il manager uniformandosi a quanto già dichiarato da Franco Bernabé a.d. di Telecom Italia. Bertoluzzo ha detto anche "di non avere ancora un’idea di quanto possano valere perché mancano ancora i dettagli e i criteri di gara". Con la legge di Stabilità è stato previsto di assegnare (in ossequio alle indicazioni UE) le frequenze alte della banda UHF televisiva per lo sviluppo della banda larga mobile la cui attuale infrastruttura è a rischio collasso con la continua diffusione degli apparati mobili connessi ad internet (smartphone e tablet pc in primis). Il governo dalla gara conta di ricavarne 2,4 miliardi di euro, di cui il 10% (fino ad un massimo di 240 mln di euro) dovrà servire ad indennizzare gli operatori di rete locali che attualmente occupano i canali dal 61 al 69 UHF che si rendessero disponibili a cessare l’attività. E proprio sul fonte delle tv locali, come ipotizzato da questo periodico, abbandonata la giuridicamente impraticabile strada di far destinare al dividendo esterno le frequenze di quello interno (beauty contest) le associazioni delle tv locali stanno cercando di far alzare il tetto degli indennizzi, raddoppiandolo. Ma anche su tale ipotesi c’è forte scetticismo: a parte il fatto che 480 mln di euro non sarebbero comunque sufficienti a ripagare degli investimenti effettuati per la migrazione al digitale o per l’acquisto delle frequenze da parte degli operatori che hanno fatto recente ingresso nel settore (sicché ben pochi sarebbero i player che non chiederebbero la riallocazione frequenziale), rimane il fatto che – come abbiamo già avuto modo di osservare nelle scorse settimane – il potenziamento della banda larga mobile ha un peso politico-economico-sociale decisamente superiore rispetto a quello delle tv locali. La preannunciata asta al ribasso degli operatori telefonici metterebbe quindi in seria crisi il governo che, con ogni probabilità, sulla spinta della richiesta della popolazione di accedere ai servizi in banda larga con qualità analoga a quella degli altri paesi europei difficilmente valuterebbe predominanti le ragioni delle tv locali. (A.M. per NL)