Ora dopo ora sta montando la preoccupazione degli operatori di rete locali per la destinazione (ormai certa) dei canali dal 61 al 69 UHF (e non solo, peraltro) allo sviluppo della banda larga in mobilità.
L’allarme, lanciato per primo da questo periodico mesi fa, così come fu per la questione LCN (a proposito: al MSE-Com si parla del rilascio delle assegnazioni per questa settimana) e per gli impianti ex art. 30 D. Lgs. 177/2005 (i microdiffusori delle comunità montane non convertibili immediatamente al DTT), ha colto decisamente impreparate le emittenti e le loro rappresentanze, già impegnate a tenere a bada gli iscritti infuriati per la pessima gestione delle procedure di assegnazioni dei diritti d’uso nell’Area Tecnica 3. Che quelle frequenze televisive non potessero rimanere oltre il 2015 ai network provider locali (i nazionali, furbamente, hanno evitato di farsele attribuire) era cosa nota e preoccupante in sé. Ma che, addirittura, la riassegnazione agli operatori tlc, affamati di frequenze per potenziare l’internet mobile con l’appoggio dell’UE, potesse avvenire entro il primo semestre del prossimo anno (salvo caduta del governo), quello no, nessuno arrivava a pensarlo. E invece pare proprio che sarà così. Il punto è che per traghettare l’esistente analogico in ambiente numerico le risorse attuali sono state spremute fino alla buccia, sicché proprio non si comprende come il MSE-Com possa comprimere ulteriormente il comparto togliendo 9 canali assolutamente essenziali. E’ vero che saranno previsti degli indennizzi per coloro che molleranno l’osso, ma si parla del 10% della cifra incamerata dallo Stato con l’asta per il dividendo esterno, che si stima essere di 2,4 mld di euro (nella migliore delle ipotesi). E 240 mln di euro non basteranno certo a indennizzare le centinaia di emittenti che in ogni dove occupano tali frequenze, visto che, senza mezzi termini, si parla di chiudere baracca e burattini (considerato che, oggi come oggi, una tv locale vale essenzialmente per la rete di diffusione che ha). Così, tra chi si morde le mani per non aver venduto quando ancora poteva farlo e chi domanda (senza ottenere risposta) perché si deve dare per scontato che chi fa tv locale voglia solo monetizzare le frequenze, aleggia lo spettro dell’unica soluzione possibile per quadrare il cerchio. E si tratta della parola più odiata dai televisivi: i consorzi. (A.M. per NL)