Sarebbe pronta la bozza del c.d. Decreto indennizzi predisposta dal Ministero dello Sviluppo Economico per la liquidazione dell’indennità agli operatori di rete locali che devono (canali 51-53 UHF) o vogliono dismettere le frequenze anzitempo rispetto al calendario finale (settembre 2021/giugno 2022).
Tutti infelici e scontenti
Ovviamente non si conosce ancora il contenuto dell’atto, ma secondo alcune indiscrezioni la bozza recepirà una parte delle mediazioni ipotizzate su queste pagine. In sostanza, con un colpo al cerchio ed uno alla botte, il decreto indennizzi scontenterà un po’ tutti. Ma almeno metterà la parola fine ad una vicenda paradossale che sta determinando una pericolosa deriva giudiziale.
5G prioritario rispetto a DTT. Ma indennizzi sacrosanti
Ricordiamo infatti che qualche settimane fa il Consiglio di Stato si era pronunciato sul ricorso proposto contro l’ordinanza cautelare del TAR Lazio che non aveva confermato il proprio decreto di sospensione dei provvedimenti ministeriali di calendarizzazione degli spegnimenti dei canali 51-53 UHF in alcune regioni italiane.
Inerzia ministeriale
L’azione avanti al Tribunale Amministrativo Regionale aveva avuto luogo in quanto il Ministero dello Sviluppo Economico non aveva preventivamente pubblicato il (normativamente previsto) decreto per la determinazione degli indennizzi agli operatori di reti costretti alla disattivazione dei canali 51 e 53 UHF per esigenze di coordinamento interferenziale internazionale.
Il “consiglio” di Stato
Pur non accogliendo il ricorso, i supremi giudici amministrativi avevano di fatto tracciato un orientamento rigido al quale il Ministero avrebbe dovuto adeguarsi.
Il mancato accoglimento della domanda andava infatti ricondotto alla circostanza che il ricorso era incentrato “sul pregiudizio derivante dalla mancata emanazione del decreto ministeriale necessario per la liquidazione dell’indennizzo dovuto per la revoca della concessione delle frequenze“.
Giusto il principio, sbagliata la strada
Pregiudizio riconducibile “alla mancata emanazione di un provvedimento ulteriore e diverso, seppur collegato, a quello oggetto del presente giudizio, dove viene espressamente riconosciuto il diritto all’indennizzo”, con la conseguenza (formale) che le “pur comprensibili ragioni di parte appellante non appaiono utilmente coltivabili nel presente giudizio”.
Decreto indennizzi doveroso
Dalla lettura dell’ordinanza si percepiva tuttavia una sorta di imbarazzo degli stessi giudici verso la situazione creata dal Ministero. Il CdS aveva infatti puntualizzato (molto opportunamente) che si sarebbe potuto “prospettare un’eventuale azione avverso l’inerzia serbata dall’amministrazione in riferimento alla liquidazione dell’indennizzo, da ritenersi attività doverosa a seguito dell’avvenuta revoca, oppure un’azione risarcitoria, laddove né sussistano i relativi presupposti”.
Monito
Su queste pagine avevamo evidenziato come si trattasse, in definitiva, di un provvedimento-monito dal contenuto molto forte verso il Mise, che avrebbe dovuto, a questo punto, provvedere all’emanazione del decreto sulla liquidazione degli indennizzi. E ciò considerato che qualora la questione fosse tornata al vaglio dei giudici amministrativi nei termini da loro indicati, la soccombenza del dicastero sarebbe risultata scontata.
Arriva il commissario
Ora, a quanto consta a questo periodico, alcuni operatori di rete locali avrebbero fatto quello che in realtà andava forse fatto da subito. Azionarsi cioè contro l’inerzia ministeriale e chiedere al TAR la nomina di un commissario ad acta.
Chi è lo sbrogliamatassa
Il commissario ad acta tecnicamente è un funzionario pubblico nominato dal giudice amministrativo nell’ambito del giudizio di ottemperanza al fine di emanare i provvedimenti che avrebbe dovuto emettere la P.A. inadempiente.
La sua natura giuridica è duplice poiché, da una parte, è un ausiliario del giudice, e dell’altra è un funzionario pubblico – come detto. Fa quindi parte della Pubblica Amministrazione, tanto che di norma il commissario ad acta è scelto fra i dipendenti di un’amministrazione che esercita potere di vigilanza nei confronti dell’Autorità che ha emanato l’atto impugnato.
Sperequazione tra network provider abbienti e minor dell’etere
Per evitare l’azione ripristinatoria, il Mise avrebbe quindi accellerato la definizione della scomoda vicenda che aveva determinato mesi fa pesanti attriti politici. Al centro del dibattito vi era infatti la ritenuta sperequazione tra operatori attivi in aree demograficamente rilevanti del territorio (come la Lombardia) e quelli insistenti su territori meno popolati (come la Calabria, la Basilicata ed il Molise) che avrebbero ottenuto liquidazioni modeste qualora unicamente basate sul parametro di 0,36 euro per abitante illuminato inizialmente ipotizzato.
La cura peggiore del male
Era stato quindi proposto un fantasioso metodo alternativo basato sugli investimenti effettuati nel passato, che era risultato però insostenibile e quindi immediatamente cassato.
Ora, a quanto risulta a NL, si starebbe optando per una soluzione a metà strada, che prevede una forma di compensazione a favore degli operatori di rete minori, attraverso una riduzione della quota per abitante servito (presumibilmente tra 0,30 e 0,36 euro) con costituzione di una provvista da distribuire tra i network provider attivi in aree meno popolose. (M.L. per NL)