”Non vorrei che il digitale terrestre fosse gia’ preistoria e temo che il futuro sia la connettivita’ alla rete”. A sostenerlo e’ Marco Paolini, direttore marketing strategico di Mediaset, intervenuto oggi a Milano al convegno ‘Il sistema televisivo dopo lo switch off: problemi e opportunita", spiegando che "tra due o tre anni dai 6 agli 8 milioni di apparecchi televisivi saranno connessi alla rete".
"Qualche anno fa – ha sottolineato Paolini – la paura di Mediaset era l’arrivo di Murdoch. Oggi sono Google, Apple e Facebook". Chiamato ad analizzare il non facile passaggio dall’analogico al digitale, al convegno sono state portate le testimonianze delle diverse realta’ televisive, da quelle locali e quelle nazionali, come appunto Mediaset. "Il nostro taglio e la nostra visione -ha sottolineato Paolini – sono ben diversi rispetto a quelli delle tv locali. Grazie al digitale terrestre, infatti, noi abbiamo potuto ampliare la nostra gamma di offerte televisive e per i consumatori e’ stato un grandissimo vantaggio". "Negli ultimi anni il mercato televisivo ha vissuto due grandi passaggi: l’arrivo di Murdoch e lo switch off. Prima vi erano solo sette reti generaliste, le tre di Mediaset, le tre della Rai e La7 e potevamo contare sul 90% dell’ascolto. Ora, con l’arrivo del digitale, si e’ scesi al 68%". "Per noi quindi – ha proseguito il manager del Biscione – non e’ stato facile affrontare questa situazione soprattutto in un momento in cui i mercati pubblicitari stanno diminuendo e i costi aumentando. Penso inoltre che la mole di investimenti pubblicitari non regga piu’ il numero di canali esistenti e che il rapporto tra quello che si spende e quello che si ricava non sia piu’ corretto". Secondo Maurizio Giunco, presidente dell’Associazione tv locali della Federazione Radio Televisioni (FRT), obiettivo dell’introduzione del digitale terrestre "era quello di cancellare un numero considerevole di televisioni locali. Questo – ha aggiunto – poteva anche avere una sua logica di mercato perche’ 450 emittenti televisive forse sono troppe, ma in realta’ si e’ cercato di colpire, con la digitalizzazione, le televisioni piu’ strutturate". Fabrizio Berrini, segretario dell’associazione Aeranti Corallo, si dice perplesso in merito alla assegnazione delle frequenze: "da quando in Abruzzo si sta passando dall’analogico al digitale – ha osservato – nelle Marche molte emittenti sono state oscurate perche’ le loro frequenze sono state assegnate ad altre tv. In un Paese civile – ha sottolineato – tutto questo non dovrebbe succedere e questa situazione vale per tutt’Italia dove molte aziende sono state costrette a chiudere". Pessimista per il futuro delle tv locali si e’ mostrato anche il direttore di Telelombardia, Fabio Ravezzani. "Siamo in ginocchio – ha sottolineato – e le istituzioni devono saper distinguere tra chi fa informazione, cultura e una tv di servizio da emittenti che invece mandano per ore e ore delle cassette preregistrate o vecchi film. Noi nell’ultimo anno – ha concluso – abbiamo realizzato il 30% in piu’ di ascolti ma stiamo peggio di prima". A sostenere l’importanza delle televisioni locali e’ intervenuto poi il vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia, Carlo Saffioti che ha osservato come "mai come in questo momento ci si deve rendere conto di come in politica si possa venire demoliti non per quello che si fa ma per come vieni presentato ai cittadini e, in questo, le televisioni locali hanno un forte ascendente". Nel nostro Paese, ha quindi ricordato il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Letizia Gonzales, ci sono 550 imprese televisive locali con circa 5mila dipendenti. Nel 2009 i ricavi sono stati pari a 650 mln di euro e gli investimenti in nuove tecnologie sono ammontati a 530 mln. (E.G. per NL)