Ma, allora, questo digitale terrestre è stato un successo o no? Certamente no, questo è lapalissiano. Problemi di ricezione continui, cattiva organizzazione, fretta, la RAI in preda al panico perché dopo un anno di digitale in alcune zone del Nord Est i suoi canali si fatica ancora a vederli.
E poi ancora interferenze, concorsi di bellezza discutibili e continue frizioni tra editori locali, Ministero per lo Sviluppo Economico e Agcom. Un quadro davvero poco confortante, tranne per gli operatori satellitari che grazie al default nel lungo termine del DTT registrano una nuova crescita dell’utenza dopo un iniziale arretramento. In questo contesto circense un dato, molto importante, a volte viene tralasciato. Ma gli ascolti del digitale terrestre come vanno? Dipende. Dai punti di vista. Sul portale digitale www.terrestre.com, infatti, un articolo di un paio di settimane fa elogiava i progressi compiuti dalla nuova tecnologia che, negli ultimi dodici mesi, ha compiuto passi da gigante, vedendo il proprio share aumentare “in maniera significativa”, ben del 34%, del 29% solo nel mese di giugno. Secondo questi dati sono le tv digitali multipiattaforma a far registrare l’incremento più considerevole, con un +89% in un anno, mentre il satellite avrebbe perso ben l’8% di telespettatori. Il podio dei nuovi arrivati sarebbe, infine, composto da Boing (142mila spettatori nel minuto medio), Rai4 (113mila) e K2 (97mila). Questi dati, apparentemente, cozzano con quelli pubblicati appena tre giorni fa dal portale del Sole 24 Ore, in un articolo a firma di Marco Mele. Ma solo apparentemente. Secondo il giornalista esperto di cose televisive, infatti, l’inizio del mese di agosto 2011 coinciderebbe con la prima volta in cui, dal 2000, il numero di decoder rilevati da Ipsos nell’ambito dell’indagine Auditel sarebbe in calo rispetto al mese precedente. Non solo. Il dato più preoccupante riportato dal Sole è quello per cui, sempre secondo Auditel, le regioni ancora non totalmente digitali (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise) sono quelle che fanno registrare – ormai da mesi, costantemente – dati di crescita degli ascolti più elevati rispetto a quelle oramai all digital. E questo nonostante la gamma molto più ampia di possibilità di fruizione e di reti disponibili per i “fortunati” già passati al digitale. A questo dato si accompagna il successo della piattaforma TivùSat creata da Mediaset, Rai e TiMedia come surrogato del ddt sul satellite e che ha già raggiunto il milione di utenti. Ma com’è possibile, se la crescita “significativa” del digitale snocciolava dati a due cifre? Semplice, la crescita degli ascolti in digitale è scontata, dal momento che sempre più regioni effettuano lo switch off e il bacino d’utenza cresce esponenzialmente. Allo stesso tempo, però, la cattiva qualità della ricezione fa sì che chi può continui a ricorrere all’analogico e, chi non può, si ritrovi a dover guardare meno televisione dal momento che il segnale va e viene, snerva. Ma non è solo il segnale il motivo del fallimento: le ragioni sono molteplici. Anzitutto la fretta e la cattiva amministrazione del passaggio dall’analogico al nuovo sistema. I tentativi governativi di favorire i colossi nazionali a danno delle tv locali o dei player extra DTT (sat in primis), che sono in tensione da un anno, sul piede di guerra, impossibilitate a pianificare e, poche eccezioni a parte, in crisi d’ascolti e di raccolta pubblicitaria. La Rai è, poi, una delle ragioni principali del cattivo andamento del passaggio. Basti citare il dato secondo cui a dispetto di 3100 impianti di trasmissione a disposizione dell’amico-concorrente Mediaset, la concessionaria di stato ne dispone solo di 1700. Inoltre, alcune delle frequenze utilizzate dalla tv pubblica sono spesso condivise anche da alcune emittenti locali, che vi si allacciano, mentre Mediaset gode solo di esclusive. Creando, com’è ovvio che sia, interferenze. Insomma, tanti problemi e disfunzioni, una Rai male organizzata e amministrata da troppi burocrati e troppo pochi tecnici, la mancanza d’imparzialità governativa stanno facendo del passaggio al digitale una via crucis. Resa ancor più dolorosa dal paradossale dato secondo cui le regioni analogiche viaggiano a velocità più elevata in termini d’ascolti. E a breve si parte con lo switch off al Sud Italia. (G.M. per NL)