“E’ lampante l’irragionevolezza e la non proporzionalità di questi valori in danno alla concorrenza nel mercato televisivo e al pluralismo informativo”.
Sono queste le dure parole che Paolo Ballerani, l’a.d. di Persidera (società nata dall’unione dei mux di TI Media e del Gruppo L’Espresso), ha rivolto ieri alla Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera, nell’ambito delle audizioni per l’indagine conoscitiva sui media. Chiara è stata la critica nei confronti della delibera 494/14 dell’Agcom, con la quale sono stati stabiliti i criteri per i canoni delle frequenze LCN. Persidera si troverà a dover pagare 13 milioni di euro all’anno a regime, ai quali andranno aggiunti ulteriori 2 mln fra i contributi per le frequenze dei ponti di collegamento e i contributi amministrativi per l’autorizzazione di operatore di rete. Un totale di 15 milioni all’anno, corrispondenti al 15,6% dei 96 mln di fatturato. “Persidera in qualità di operatore di rete puro, si troverebbe a dover sopportare un contributo incidente sul proprio conto economico in misura dieci volte superiore”, ha aggiunto l’amministratore delegato (il canone precedente in capo al gruppo TI Media e a L’Espresso era di 1,5 milioni annuali). Ballerani punta il dito contro i differenti trattamenti riservati agli operatori puri e a quelli verticalmente integrati come Rai e Mediaset, che si troveranno a pagare lo stesso canone per 5 multiplex, potendo però godere di economie di scala e di scopo. “Ne discende che, in assenza di fattori correttivi effettivi e idonei a neutralizzare i vantaggi che gli operatori verticalmente integrati conseguono, l’Autorità consente di fatto a Rai e Mediaset di ottenere un indebito vantaggio competitivo in totale spregio degli impegni presi con Bruxelles”. Nel periodo 2001-2008, Telecom Italia Media Broadcasting e Rete A hanno investito in totale 500 mln per l’acquisto di frequenze e per la costruzione delle reti digitali, operazioni che secondo Ballerani non sono state prese in considerazione dall’Agcom. Ma quale sarebbe allora la cifra opportuna che gli operatori di rete dovrebbero versare? Il manager ha ricordato che l’Ofcom (vale a dire l’Agcom inglese) ha definito i contributi per i diritti d’uso dei mux nazionali pari a 230 mila euro all’anno e che a un valore simile si arriva anche partendo dai contributi per le frequenze mobili riparametrate per il diverso mercato. Ballerani ha posto l’attenzione anche in merito alle frequenze in banda 700 MHz, auspicando che eventuali decisioni future sul passaggio alla telefonia mobile non vadano a penalizzare gli investitori, e che soprattutto siano gestite da opportuni interventi legislativi. (V.R. per NL)