Le aziende incalzano il governo sulla realizzazione dei presupposti propedeutici all’introduzione del 5G: in un’intervista a Corcom, Alberto Casagni – dirigente del comparto Wireless Regulatory Policy di Huawei per la zona EMEA (Europa, Medio Oriente, Africa) – ha sottolineato come sia necessario accelerare i tempi di pianificazione per non essere colti di sorpresa dall’avvento della nuova tecnologia, il cui standard è in fase di messa a punto. Casagni ha portato all’attenzione uno studio delle istituzioni UE (Identification and quantification of key socioeconomic data to support strategic planning for the introduction of 5G in Europe) secondo cui il 5G rappresenta un’enorme potenzialità di business per l’Europa, dal valore di 100 miliardi di euro annui, distribuiti nei diversi settori, specialmente automotive, salute, trasporti, energia e di impatto positivo sull’occupazione. Perché questo scenario si realizzi – ha aggiunto il manager di Huawei – è necessario incentivare gli investimenti ponendo le adeguate condizioni, già delineate nell’Action plan della Commissione Europea dedicato proprio al 5G che individua due porzioni di spettro frequenziale che gli Stati membri sono chiamati a liberare: quello dei 700 MHz (UHF 50/60) e uno a frequenza più alta, compreso tra 1 GHz e 6Ghz, preferibilmente individuato nelle frequenze c.d. “pioniere” tra i 3400 e i 3800 MHz. L’attuazione di questo piano si rende necessaria perché, per operare al meglio, la tecnologia 5G richiede bande di frequenze per almeno 200 MHz. C’è un’ulteriore e indispensabile condizione: la tempestività; per essere competitivi e guadagnare la leadership tecnologica e industriale bisogna arrivare per primi, tenendo ben presente che il lancio commerciale di servizi 5G in paesi come Russia, Cina, Corea del Nord e Arabia Saudita è previsto per il 2020 e negli Stati Uniti già nel 2018. Sulla situazione italiana Casagni è diplomatico, ma non manca di mettere in luce le difficoltà: l’iter per la liberazione delle frequenze sui 700 MHz (affollate da mux tv che non trovano altri spazi in una UHF sempre più ristretta ed una VHF off-limits) procede a rilento e, inoltre, si rende necessario un piano di riorganizzazione (in tempi molto più rapidi) per la messa a disposizione della fascia di frequenze da colonizzare. La prima questione è estremamente preoccupante per le realtà televisive minori, come più volte è stato sottolineato da questa testata: la liberazione della banda – anche se con ritardo – inevitabilmente avverrà, comportando la riduzione dei canali disponibili; un nuovo ampliamento sarà possibile solo con il passaggio al T2, che però richiede un investimento infrastrutturale alla portata solo dei grandi network provider. Riguardo seconda questione Castagni spiega che il quadro che si prospetta è poco chiaro: “Da una parte è stato lanciato un bando per sperimentazioni 5G in 5 città italiane a partire dal gennaio 2018 con disponibilità di un canale da 100 MHz nella banda 3700-3800 MHz. Le proposte saranno presentate tra qualche settimana ed abbiamo riscontrato molto interesse tra gli attori nell’industria, noi tra questi ovviamente. Questo piano pone l’Italia all’avanguardia in Europa per quanto riguarda l’esecuzione concreta del 5G Action Plan, ottimo. Dall’altra parte, non ci sono ancora certezze su come e quando saranno resi disponibili un numero adeguato di canali sufficientemente larghi nella banda 3400-3800 MHz. Mi spiego meglio: le attuali assegnazioni nella banda 3400-3600 MHz risultano frammentate in canali da 21 MHz con assegnazioni regionali, parte della banda non è ancora stata assegnata. Le attuali linee guida per l’assegnazione e l’utilizzo delle frequenze 3600-3800 MHz, essendo state definite nel 2015, non tengono conto del fattore 5G e ci pare necessitino di una profonda revisione, con urgenza”. A scanso di equivoci, il dirigente Huawei esprime chiaramente le condizioni ottimali che indurrebbero le imprese a investire in Italia: “la riorganizzazione della banda 3400-3600 MHz in modo da rendere disponibile un nuovo blocco da 80/100 MHz e l’assegnazione di diritti d’uso su scala nazionale per due canali da 100MHz nella banda 3600-3800 MHz”. Difficile per il governo sbrigliare la matassa: da una parte la banda larga mobile, bene di prima necessità. Dall’altra la tv, materia da sempre scottante per tutti gli esecutivi da almento 35 anni a questa parte. (V.D. per NL)