In questi giorni si sta leggendo di prese di posizioni di politici locali, a riguardo degli effetti del refarming della banda 700 MHz, che assicurano appoggio alle tv locali escluse o limitate dalle graduatorie dei fornitori di servizi di media audiovisivi nelle varie aree tecniche italiane, di norma coincidenti con le regioni.
Ci spiace smorzare entusiasmi e speranze, ma gran parte di tali iniziative sono destinate a naufragare in quanto prive del necessario fondamento tecnico e/o giuridico.
Un elemento comunque accomuna tutte queste iniziative: la tardività. Ma la colpa non è degli attuali estensori di proposte difficilmente accoglibili, quanto delle emittenti stimolanti i loro interventi, che, quando era il momento giusto per farlo, si sono disinteressate al problema. Magari perchè confidavano di farcela, a discapito del concorrente.
La fiera delle soluzioni. E delle illusioni
Vediamo quali sono le soluzioni generalmente proposte. E perché non porteranno da nessuna parte.
Nuove reti di 2° livello: no
La più gettonata delle istanze dell’ultima ora è quella di ottenere l’assegnazione di nuovi reti di 2° livello. Facile a dirsi, oggi. Troppo impegnativo, evidentemente, a suo tempo, leggere norme e regolamenti.
Le frequenze assegnate all’Italia per il servizio di radiodiffusione televisiva in tecnica digitale terrestre sono un numero finito, non alterabile a seguito di coordinamenti internazionali cogenti. Senza considerare che servirebbero nuovi bandi e procedure ad evidenza pubblica che comporterebbero almeno 6/12 mesi. Stop.
Estensione reti esistenti: nì
Al più si potrebbe immaginare di estendere la copertura delle reti esistenti, nel rispetto dei punti di verifica (PDV). Verso tale direzione NL ha negli ultimi due anni puntato l’attenzione, indicandola come l’unica strada percorribile. Ma, allo stato, la disponibilità di Mise ed Agcom sul punto è stata nulla. Senza considerare che ciò non darebbe spazio agli esclusi, ma solo maggior respiro agli utilmente collocati nelle graduatorie. Salvo qualche recupero in caso di mux di 2° livello successivamente estesi, ove i relativi operatori non avessero già esaurito la capacità disponibile.
Abbassamento generalizzato della capacità trasmissiva pro capite
L’ipotesi di un livellamento di tutta la capacità trasmissiva verso il basso per consentire l’ingresso agli esclusi, tra le varie ipotesi che abbiamo letto, è la più fantasiosa. Dopo aver guardato dall’altra parte in occasione dell’innalzamento del limite inferiore di 1 Mbit/s per FSMA, fissato da Agcom, a 1,5 Mbit/s e portato quello superiore a 3 Mbit/s a seguito della consultazione pubblica del Mise, si pretenderebbe di livellare tutti a 1,5 Mbit/s (o addirittura a 1 Mbit/s), in barba alle procedure concluse che hanno conclamato interessi legittimi la cui compressione determinerebbe centinaia di ricorsi al TAR, che sarebbero inevitabilmente accolti.
T1 e T2
Oltretutto, dovrebbe essere ormai chiaro che 1,5 Mbit/s in T2 (formato HEVC) in fase di riconversione transitoria in T1 (formato H264) equivalgono a 0,9 Mbit/s circa, quindi al limite della qualità minima per poter veicolare un contenuto televisivo dinamico. Agcom aveva predisposto un piano per il T2 con tagli inferiori di capacità trasmissiva a 1 Mbit/s (HEVC) che avrebbero consentito di far migrare praticamente tutto il panorama esistente. Ed ha sempre difeso tale modello.
Ingenerosità
Addebitare all’Autorità per le comunicazioni la decisione di annacquare il T2 nel T1 creando l’attuale sistema ibrido non è solo ingeneroso, ma errato. Le responsabilità della scelta scellerata (per le tv minori) vanno ricercate altrove e non nelle istituzioni governative. A cui, al limite, si può contestare di essersi piegate a istanze sbilanciate verso i superplayer locali.
Libero mercato
Quello della capacità trasmissiva è peraltro un problema parzialmente risolvibile ex post, con un diverso approccio.
“Basterebbe acquisire il quadro della giurisprudenza emergente dalle sedute pubbliche sin qui condotte per capire che tali vincoli (1,5-3 Mbits/s, ndr) valgono solo fino al completamento di esse”, spiega l’avvocato Stefano Cionini, co-founder di MCL Avvocati Associati, che cura in esclusiva l’Area Affari Legali di Consultmedia. “L’interpretazione giuridica delle norme effettuata in sede di confronto pubblico ha permesso di comprendere che, stabilizzatosi il sistema con la conclusione delle negoziazioni assistite dal Ministero dello sviluppo economico, la contrattazione avverrà sulla base del libero mercato”, osserva l’avvocato.
Ri-Negoziazioni
In altri termini, ci sarà, alla presenza di accordi con l’operatore di rete, la possibilità di rideterminare la capacità trasmissiva contrattualizzata, magari riducendola perché oggettivamente eccessiva rispetto alle necessità sopravvenute, consentendo così ad un terzo di acquisirla previo ottenimento di una nuova autorizzazione FSMA con associato LCN.
Nuove autorizzazioni
La conclusione delle sedute pubbliche, infatti, non esclude che si possano richiedere al Mise nuovi titoli per la fornitura di servizi di media audiovisivi con LCN residuati dalle procedure ad evidenza pubblica. Peraltro, ciò consentirà di sfruttare la capacità trasmissiva residuata su mux di 1° o 2° livello in alcune aree tecniche, senza soggiacere al vincolo minimo di 1,5 Mbit/s. (E.G. per NL)