Mentre si è in attesa di capire cosa deciderà Passera sul “concorso di bellezza”, si susseguono sui media le opinioni di esperti della materia pro e contro l’indizione di un’asta per l’assegnazione delle frequenze per la tv digitale terrestre.
Ad esprimersi a favore della trasformazione del concorso in asta è sul Corriere della Sera (edizione del 9 dicembre) Francesco Siliato, docente di Sociologia della comunicazione al Politecnico di Milano, secondo cui, nonostante in Europa la strada seguita per l’assegnazione delle frequenze televisive sia stata quella del beauty contest, l’anomalia del nostro sistema radiotelevisivo, con “broadcaster che già con l’analogico avevano tre reti”, richiede “un approccio diverso se non si vuole incorrere in nuove sanzioni Ue”. Secondo Siliato, l’annullamento del beauty contest dovrebbe però accompagnarsi alla definizione di nuove regole che vietino “concentrazioni nella proprietà e nella raccolta pubblicitaria”. A suo giudizio le nuove norme dovrebbero “impedire agli editori con più di 2-3 multiplex di partecipare all’asta”. Una gara che potrebbe portare nelle casse dello stato “tra i 3 e i 5 miliardi” (ormai quasi tutti gli opinionisti si stanno orientando sulla stima effettuata da questo periodico oltre un anno fa, ndr). Se dunque per Siliato “In un Paese normale non ci sarebbero dubbi” nell’intraprendere questa strada, di parere opposto è Vincenzo Zeno-Zencovich, professore di diritto comparato all’Università Roma Tre ed esperto di media e nuove tecnologie. Intervistato da Il Giornale (edizione odierna), Zeno-Zencovich parla di una palese illegittimità con riferimento alla possibilità dell’indizione dell’asta delle frequenze, in quanto la revoca del beauty contest arrecherebbe alle imprese partecipanti “un grave danno in termini di investimenti pianificati, assunzioni, acquisizione di programmi del quale finirebbero per chiedere un risarcimento allo Stato”. Inoltre, continua Zeno-Zencovich, annullando il bando “il governo si porrebbe in contraddizione con l’authority e soprattutto con un atto che ci è stato chiesto da Bruxelles”, considerato che il concorso poggia su una delibera dell’Agcom “concordata fin nel dettaglio con la Commissione europea”. E se c’è chi obietta che l’asta potrebbe essere la soluzione migliore, portando, a riprova delle proprie argomentazioni, il successo delle aste relative alle frequenze di telefonia, il professore, allineandosi al pensiero espresso nei giorni scorsi da Silvio Berlusconi, pare voler spazzar via ogni equivoco sostenendo che “nelle telecomunicazioni la rete è quasi tutto, c’è una struttura dei costi più semplice e un pubblico affamato che garantisce grandi ricavi. Una frequenza tv quanto vale? Di per sé nulla – precisa Zeno-Zencovich – visto che non dà certezza in ordine al ritorno economico. Nella televisione la rete è solo l’inizio, l’investimento grosso è sulla produzione o sull’acquisto di contenuti”. (D.A. per NL)