Se il governo davvero vorrà incassare i previsti 2,4 miliardi di euro derivanti dalla messa all’asta del dividendo digitale esterno, destinato alla banda larga, dovrà risolvere il prima possibile la grana dell’occupazione delle frequenze dal canale 61 al 69 UHF.
Pena il rischio che la gara salti; che le tv locali tengano le frequenze fino a quando una soluzione non verrà trovata e che Tremonti, che già aveva pianificato nella Finanziaria di quest’anno, si ritrovi a dover rifare i conti anche per l’anno prossimo. La grana riguarda il fatto che il Ministero per lo Sviluppo Economico, guidato da Paolo Romani (foto), ha deciso di far partire l’asta senza fare i conti con le richieste di coloro che le frequenze non solo le occupano ma fino a poco fa continuavano ad acquistarle. Le tv locali, appunto. Che avanzano richieste economiche doppie rispetto al 10% degli introiti (ossia 240 milioni da distribuire tra circa duecento piccole emittenti) che lo Stato intende destinar loro come parziale risarcimento. L’ostinazione delle piccole tv locali e soprattutto l’immobilità del governo hanno fatto sì che gli operatori di telecomunicazioni si spazientissero. Conviene loro partecipare a una gara in cui potrebbero trovarsi a investire cifre importantissime del proprio bilancio per poi rischiare di ottenere le frequenze solo in seguito alla risoluzione del problema o, magari, mai? Proprio per questo l’Asstel, l’associazione confindustriale che riunisce gli operatori del settore, ha inviato – secondo quanto riportato da Andrea Bassi su Milano Finanza – una lettera al vetriolo, diretta alle persone di Paolo Romani, Ministro dello Sviluppo Economico, Giulio Tremonti, Ministro delle Finanze e Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio. I gestori, all’unisono, si sono dichiarati pronti a boicottare l’asta se il governo prima non avrà risolto la grana. La gara dovrebbe tenersi entro la fine dell’anno ma il rischio di un interminabile contenzioso Stato-tv locali potrebbe bloccarla. Nella lettera, secondo le indiscrezioni, Asstel avrebbe lamentato anche i limiti di emissione elettromagnetica “fissati a livelli sensibilmente inferiori a quelli ammessi dalla media europea” che “renderebbero artificialmente alto il livello degli investimenti necessari”, oltre al tema delle interferenze “tra sistemi di trasmissione televisiva digitale terrestre e quelli di telecomunicazione sulle frequenze derivanti dal dividendo digitale”. Se lo Stato non si darà una mossa per assecondare le richieste degli operatori televisivi e sbloccare la faccenda rischia davvero di far saltare tutto. (G.M. per NL)