Dovrebbe essere la settimana decisiva per il DTT di Lombardia e Piemonte orientale (Area Tecnica 3), quella che ci aspetta.
E se è certamente vero che l’attuale calendario migratorio è stato salvato dalla decisione del TAR Lazio, che ha respinto in prima battuta (cioè in sede di esame dell’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia del provvedimento) con ordinanza motivata (che quindi lascia presagire l’esito dell’esame di merito) il primo dei tanti ricorsi contro il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze, molti sono ancora i nodi da sciogliere per addivenire ad una positiva conclusione di una procedura che dire che sia irta di ostacoli è un eufemismo. Infatti, ammesso che il Consiglio di Stato – al quale con ogni probabilità verrà chiesto a breve di annullare l’ordinanza dei primi giudici – non sospenda il PNAF, con l’imminente assegnazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento Comunicazioni dei diritti d’uso delle frequenze digitali agli operatori di rete, di sicuro saranno proposti motivi aggiunti da parte di quei network provider che avevano impugnato la delibera Agcom 300/10/Cons senza chiederne la preventiva sospensione per manifesta insussistenza del requisito del periculum in mora (che insieme al fumus boni iuris è condizione necessaria per l’accoglimento della richiesta di un provvedimento cautelare). Il TAR Lazio, così, sarà chiamato nuovamente ad esprimersi sulla lamentata lesione degli interessi legittimi di una pluralità di emittenti locali. Non solo: i giudici amministrativi dovranno vagliare anche le ragioni di coloro che impugneranno direttamente (cioè senza preventiva richiesta di annullamento della delibera recante il PNAF) le determinazioni ministeriali di assegnazione frequenziale, posto che – ormai è certo – per far posto a tutti il MSE-Com attribuirà disinvoltamente il medesimo canale più e più volte in sottobacini (troppo) attigui, riproponendo situazioni interferenziali che con l’analogico erano state, con notevole fatica ed investimenti cospicui, sanate dal 1990 ad oggi. E un eventuale accoglimento anche solo di un’istanza cautelare potrebbe determinare un effetto domino dagli esiti imprevedibili se non per l’intera procedura, almeno per una parte di essa. Si pensi, infatti, al caso di un’emittente che impugnasse il provvedimento di assegnazione (che, nell’attribuire, la nuova frequenza impone la dismissione di quella esercita fino a quel momento) ottenendo soddisfazione (quantomeno interinale) dai giudici amministrativi: la mancata liberazione del canale attuale impedirebbe al legittimo destinatario di questo ultimo di poter iniziare le trasmissioni, costringendolo (salvo interrompere i programmi) a fare altrettanto. Ma le emittenti locali non hanno solo da temere le assegnazioni frequenziali. Anche quelle dei logical channel number (LCN) scontenteranno, immancabilmente, molti. Col risultato di ulteriori ricorsi al Tribunale amministrativo laziale (questa volta supportati da un più facilmente identificabile periculum in mora, la cui valutata assenza aveva determinato il secco rigetto dell’istanza cautelare di Sky) col medesimo rischio di effetto a catena. C’è poi il problema del ristretto lasso di tempo a disposizione per adeguare gli impianti trasmittenti alla frequenza assegnata, che determinerà certamente un’attivazione progressiva di molti segnali, posticipata su aree di non basilare importanza commerciale. Non pochi operatori, infatti, subordineranno la conversione integrale della propria rete all’accoglimento delle istanze di ottimizzazione che verranno avanzate alla DGPGSR per ottenere l’autorizzazione ad irradiare sulle frequenze assegnate da siti trasmissivi coerenti con le antenne dell’utenza, con la conseguenza che in molte aree periferiche si riceveranno nell’immediato meno segnali di quanti se ne coglievano prima dello s.o. (e del resto così è successo in tutti i territori oggetto di migrazione integrale al DTT). Rischio affine è poi quello corso dai territori serviti da impianti delle comunità montane e degli enti locali (ex art. 30 D. Lgs. 177/2005), che dovranno essere disattivati il giorno dello switch-off e potranno essere rimessi in funzione solo al completamento dell’intero percorso, previa verifica di compatibilità con il nuovo quadro radioelettrico. Infine, non è ancora stata chiarita la genesi dell’assegnazione (da effettuarsi entro il 2015) dei canali dal 61 al 69 UHF agli operatori di Tlc per lo sviluppo della banda larga in mobilità, che preoccupa tutti i network provider tv locali che riceveranno in dote tali canali. Intanto, la Fondazione Ugo Bordoni sta inviando in questi giorni alle emittenti le prenotazioni per gli spot informativi in vista dello switch-off di fine mese e sta chiedendo l’indicazione dei singoli comuni attualmente coperti per poter inviare il database conseguente agli enti locali per consentire una (seppur tardiva) campagna di sensibilizzazione su scala ultralocale. Segnali concordanti che lo switch-off si farà senza ulteriori rinvii. Ma a quale prezzo per gli operatori e gli utenti totalmente disinformati? (M.L. per NL)