Tutto come previsto: Agcom riscrive la procedura per l’assegnazione del dividendo interno nella direzione dello sviluppo della tecnologia LTE, della tutela dei player esistenti da situazioni interferenziali, riservando gli scartini ai nuovi entranti.
Come avevamo anticipato (da tempo) su queste pagine, almeno una risorsa del digital dividend (interno) andrà alla RAI per consentire di cerottare la diffusione della concessionaria pubblica nelle aree di conflittualità tra le reti SFN assegnate attraverso un’improvvida pianificazione. Un’altra modifica rilevante nel nuovo progetto di attribuzione frequenziale, è la sottrazione dal novero dei canali disponibili degli UHF 54, 55 e 58 (i più appetibili tecnicamente), visto che, comunque, di qui a cinque anni gli stessi avrebbero dovuto essere assegnati allo sviluppo della tecnologia LTE (cui, in prospettiva, andranno, anche se non in un’unica soluzione, anche i canali 56, 57, 59 e 60). Probabile, tuttavia, che, nelle more, tali risorse vengano transitoriamente attribuite alle emittenti locali che subiscono difficoltà di ricezione per problematiche interferenziali interne (con altre tv italiane) o esterne (con trasmittenti estere). In definitiva, ai nuovi entranti ed ai soggetti titolari di un solo mux (come Retecapri, DFree, La3 ed Europa 7) saranno proposti due mux in VHF ed uno solo in UHF per un esercizio (teoricamente) ventennale (il gruppo L’Espresso, che ha due mux, potrà partecipare alla gara su due lotti). Già da qui si può immaginare l’appetibilità dell’asta, alla quale peraltro non potranno partecipare Rai (5 mux , Mediaset e TIMedia – perché possono non possono concorrere all’assegnazione i soggetti che hanno più di tre mux (RAI e Mediaset ne hanno 5, mentre TIMedia 3) – e probabilmente non presenterà offerte SKY (vista la scarsa efficenza delle reti frequenziali disponibili). Tanto rumore per nulla, insomma. E ciò anche in considerazione che l’introduzione della tecnologia DVB-T2 moltiplicherà enormemente la capacità trasmissiva disponibile, rendendo non più particolarmente strategica la titolarità di più diritti d’uso per provider e che il contestuale sviluppo della banda larga (anche attraverso le frequenze passate dal DTT al LTE) favorirà la migrazione della tv dalla piattaforma terrestre a quella web. Insomma, come al solito, il regolatore italiano è arrivato (ben) dopo l’assestamento del settore. (M.L. per NL)