Nuove preoccupazioni nel comparto dei network provider locali (ma non solo) per l’applicazione da parte dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni delle procedure ex L. 9/2014, per l’espunzione dal Piano nazionale di assegnazione di canali DTT delle frequenze interferenti con i paesi esteri confinanti.
A mente di tale norma, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni deve avviare le procedure per escludere dalla pianificazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre le frequenze riconosciute a livello internazionale e utilizzate dai Paesi confinanti, pianificate e assegnate ad operatori di rete televisivi in Italia e oggetto di accertate situazioni interferenziali alla data di entrata in vigore della norma, nonché le frequenze oggetto di EU Pilot esistenti alla medesima data. Una bomba ad orologeria il cui innesco era ben noto da anni, ma verso la quale c’è stata un’incomprensibile sottovalutazione da parte delle rappresentanze delle emittenti locali. In numerose occasioni, su queste pagine, avevamo criticato la posizione delle principali associazioni di categoria, tutte prese ad incensarsi su presunti meriti per aver ottenuto l’assegnazione di frequenze alla quasi totalità degli operatori esistenti, dopo quella che avevano definito una dura battaglia con le istituzioni. Vittoria di Pirro, l’avevamo subito definita, osservando come non poche delle frequenze assentite erano in realtà di dubbia utilizzabilità per questioni di incompatibilità radioelettrica interna o esterna ai confini oppure perché destinate alla tecnologia LTE (altra circostanza ben nota da anni). Ora i nodi vengono tutti al pettine, posto che, entro il 31/12/2014, il Ministero dello Sviluppo economico dovrà emanare un decreto per definire i criteri e le modalità di attribuzione delle (insufficienti) misure economiche di natura compensativa destinate alla liberazione volontaria delle frequenze. Ovviamente ora si elevano gli scudi. L’associazione Aeranti-Corallo, che il 15 maggio ha incontrato il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli "per evidenziare le preoccupazioni delle imprese televisive locali", ritiene che "il Governo debba adottare, senza indugio, soluzioni finalizzate alla risoluzione della problematica, nell’ottica della compatibilizzazione tra gli impianti eserciti in Italia e quelli degli Stati esteri confinanti". Secondo l’ente esponenziale, "Qualora, infatti, le ipotesi di esclusione di alcune frequenze dalla pianificazione italiana trovassero realmente applicazione, vi sarebbero decine di tv locali che, pur essendo assegnatarie di diritti di uso delle frequenze, non avrebbero più la frequenza su cui trasmettere. Il danno che ne conseguirebbe sarebbe molto superiore all’esiguo stanziamento di 20 milioni di euro stabilito per le citate misure compensative previste per la dismissione volontaria di tali frequenze". Ad ogni buon conto, il sindacato ricorda che ad una propria sollecitazione dell’agosto 2010, l’allora ministro Romani (ex editore della tv Lombardia 7 ed attuale esponente di spicco di Forza Italia), aveva risposto rassicurando "che, per quanto di competenza del Ministero, si farà in modo che le assegnazioni dei canali alle tv locali possano realizzarsi, anche nelle zone di confine, senza restrizioni e/o limitazioni rispetto alle caratteristiche tecniche degli impianti attualmente eserciti. Per quanto attiene alla seconda problematica sollevata, il Ministero si impegna altresì a garantire la massima protezione del segnale delle emittenti locali nel caso di attivazioni isofrequenziali negli Stati esteri confinanti”. Pinocchieste rassicurazioni da parte di un ministro verso il quale questo periodico aveva assunto posizioni estremamente dure, ma che comunque non giustificano la leggerezza con cui, negli anni precedenti al 2010, era stata trattata la questione del passaggio al digitale terrestre da parte dei rappresentanti delle tv locali. Un DTT promesso e promosso come la panacea di tutti i mali, ma rilevatosi come l’ecatombe del settore. Ora, al di là delle improbabili ricette di soluzione politica a cui ambiscono ancora una volta sindacati evidentemente alle corde, il pragmatisco ci spinge ad evidenziare che, se una residuale (ancorché parziale) via di fuga esiste, essa non può che consistere nella provvista frequenziale del dividendo interno, la cui asta è andata semisedeserta con la conseguenza che, con ogni probabilità, almeno due dei tre mux disponibili rimarranno inutilizzati e potranno, pertanto, essere impiegati per sanare almeno una parte delle situazioni interferenziali internazionali più gravi (anche se la qualità delle frequenze non è certamente eccelsa). (M.L. per NL)