Il Consiglio dei Ministri ha dato il semaforo verde alla legge di Bilancio 2018. Di particolare interesse per il comparto televisivo è l’art. 89, che disciplina la fase di avvio dell’era 5G con la destinazione a tale tecnologia delle frequenze della banda 700 MHz attualmente occupata dalla tv. Qui il testo del documento in formato pdf per una opportuna lettura della complessa procedura prevista per l’articolato iter.
Ricordiamo che dei 2,5 mld (o 3,2 secondo un’altra ipotesi) che lo Stato pensa di incassare dalla collocazione delle frequenze 3,6-3,8 GHz, 26,5-27,5 GHz (le “bande pioniere”) e, appunto 49-60 UHF, ai broadcaster locali andranno 291 mln. A riguardo delle modalità di determinazione dei singoli indennizzi le voci sono le più disparate, anche se pare credibile quella che assegna al metodo che verrà impiegato una forma innovativa rispetto al passato, basata su criteri almeno in parte originali (che in alcuni casi, secondo rumors, potrebbero restituire cifre per testa illuminata non superiori a 0,20-0,25 euro) privilegiando i canali che dovranno essere dismessi prima per esigenze di coordinamento con l’estero (in particolare con la Francia).
I canali tv sono attualmente occupati da Mediaset, DFree (Ben Ammar), Persidera (Telecom Italia/L’Espresso), Retecapri – cui andranno somme per 276 mln, per ammodernamento impianti rispetto al parco 2012 (ove necessario) – e dai network provider locali – cui ne finiranno appunto 291, corrispondenti ai valori residuali dei diritti d’uso.
La stima dell’incasso, comunque, è prudenziale, considerato che nel 2011 il ricavo della vendita delle frequenze della sola banda 800 MHz era stato di 4 miliardi di euro (anche allora la previsione di bilancio era di “soli” 2,4 miliardi, cioè circa 1,5 miliardi di euro in meno rispetto a quanto effettivamente realizzato).
Bisogna poi tenere conto di quello che succede nei paesi limitrofi che hanno già cominciato a liberare, mettere a reddito ed assegnare la banda di interesse per il 5G: la Francia, infatti, nel 2015 ha ricavato ben 2,8 miliardi di euro dalla vendita all’asta di frequenze nella banda dei 700 MHz (694-790 MHz) benché si trattasse del solo spazio di 60 MHz e per giunta ancora a “spettro occupato”, cioè libero soltanto dal 2019 in poi.
Questi due indicatori potrebbero dunque far alzare la stima riguardo le entrate legate alle vendite delle frequenze agli operatori telefonici, tanto più che in questo caso le porzioni di spettro sono diverse ed ampie (anche se quella dei 700 MHz è la più appetibile per le sue particolari specificità tecnico-diffusive). Tenuto conto che la quota di destinazione per incentivi ed indennizzi è del 25% del ricavati, la torta per le tv potrebbe aumentare.
Ad ogni modo, come anticipato nelle scorse settimane da NL, oltre all’indennizzo per la rottamazione dei canali saranno previsti 66 mln di euro per spese di comunicazione informativa, oltre a 100 milioni a favore dei 2 milioni di utenti già esonerati dall’obbligo di pagamento del canone tv per l’adeguamento dei ricevitori alla sopravvenuta tecnologia.
La road map prevede la definizione degli accordi di coordinamento internazionale entro il 31/12/2017, l’adozione della delibera Agcom di bando di gara entro il 31/03/2018, la pubblicazione del nuovo Piano Nazionale di Assegnazione Frequenze entro il 31/05/2018, l’assegnazione dei diritti d’uso ventennali per le frequenze 5G entro il 30/09/2018 e l’adozione (sempre da parte di Agcom) entro la medesima data dei criteri per l’assegnazione di quelli UHF (da effettuarsi da parte del Mise entro il 28/02/2019).
Fatto sta che è stato confermato quanto espresso da un anno a questa parte su queste pagine circa la prospettiva di un’anticipazione della liberazione delle frequenze UHF: i canali dovranno infatti essere resi disponibili in maniera progressiva dal 01/01/2020 per poi concludere il processo entro il 30/06/2022 (soluzione che conferma l’adozione di uno switch-over e non già di un deleterio switch-off). (E.G. per NL)