Cominciato il consueto e prevedibile balletto giudiziario contro i provvedimenti che disciplinano la modifica dell’assetto consolidato dell’etere televisivo italiano.
In questo caso, oggetto di impugnazione è la delibera 231/18/CONS con cui l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha fissato le regole per l’asta delle frequenze da destinare ai nuovi servizi di telefonia mobile (frequenze 5G) e dal quale il governo si aspetta almeno 2,5 miliardi in cinque anni.
Ad aver adito il TAR Lazio, ça va sans dire, è Mediaset, che per l’occasione trova un alleato in Cairo (col quale i rapporti sono molto stretti a riguardo della gestione tecnica del mux DTT acquistato alla semideserta asta del dividendo interno).
Lo riferiscono una fonte legale e un’altra a conoscenza del dossier, spiega l’agenzia Reuters in una nota.
“Mediaset farà ricorso contro tutto perché con l’asta le verrebbero sottratte le frequenze che oggi ha in uso” ha detto la fonte legale.
La seconda fonte ha confermato “che sono stati fatti i ricorsi dal gruppo Cairo e da Mediaset”.
L’assegnazione delle frequenze 5G, soprattutto per la trasmissione dati, di queste porzioni di spettro radio è stata decisa dall’Unione europea ed è volta, da una parte, a uniformare lo sviluppo dei nuovi servizi di banda larga mobile (su frequenze 5G, appunto); dall’altra ad introdurre dal 2022 la tecnologia T2 per la tv digitale terrestre.
Il 23/05/2018 l’Agcom ha approvato la delibera 231/18/CONS che definisce le “procedure per l’assegnazione e le regole per l’utilizzo delle frequenze disponibili nelle bande 694-790 MHz, 3600-3800 MHz e 26.5-27.5 GHz per sistemi di comunicazioni elettroniche di quinta generazione (5G)”.
Il bando per l’asta sarà indetto dal Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con quello della Economia e delle Finanze, come già accaduto in passato per l’assegnazione delle altre frequenze.
Mediaset e Cairo non hanno voluto commentare. (E.G. per NL)