Ancora non si conoscono le sorti del futuro di Google in Cina. Se ne andrà, non se ne andrà, è tutta una bufala? Si tratta di una battaglia politica o è una montatura del marketing pubblicitario per rivalutare la figura dell’azienda di Mountain View, sporcata dai filtri della censura che Pechino le ha sempre imposto per poter far business nel Paese della grande muraglia?
L’annuncio dell’addio di Google – secondo quanto diffuso dalla stampa cinese – era atteso per oggi, ma fino a questo momento non è ancora stato reso noto nulla. Nei giorni scorsi, al culmine di una querelle che aveva preso piede agli inizi di gennaio con la rimozione dei filtri governativi da parte dei Google, in seguito ad una serie d’attacchi informatici attribuiti ad ambienti vicino al governo di Pechino, il giornale China Business News aveva reso noto che fonti attendibili avevano parlato dell’addio al mercato cinese, già deciso dai vertici dell’azienda americana, entro il 10 aprile. L’annuncio sarebbe stato previsto per oggi, 22 marzo, e l’unica ragione che spingerebbe ancora i vertici di Mountain View a tentennare sarebbe la questione relativa ai dipendenti della succursale di Pechino, circa un centinaio, che resterebbero senza lavoro. Una decisione, quella ventilata, che è stata definita “difficile e dolorosa” per ragioni di business (il mercato cinese, potenzialmente il più ricco del mondo, lasciato nelle mani dei concorrenti: la connazionale Microsoft, con il suo motore di ricerca Bing, e la locale Baidu), ma certamente liberatoria, dal momento che i rapporti tra l’azienda americana ed il governo cinese sono sempre stati tesi, a memoria d’uomo. Intanto, mentre l’attesa di ulteriori novità cresce, in questi giorni la stampa cinese continua a scagliarsi contro Google. Gli attacchi più duri sono venuti dall’agenzia di stampa governativa Xinhua, che ha accusato l’azienda di tessere rapporti troppo stretti con il Pentagono, con il fine – celato ma scoperto dagli zerozerosette cinesi – di voler imporre alla Cina i valori americani, stravolgendo, così, i principi su cui si basa la società asiatica. Dopo l’invito a non politicizzarsi (addirittura molti uomini del Pentagono – secondo le indiscrezioni – verrebbero direttamente dal serbatoio di Google!), Xinhua spiega come la presenza sul mercato cinese non si limiti “soltanto ad espandere un business in Cina” ma abbia il segreto obiettivo di “recitare un ruolo di primo piano nell’esportazione di valori, idee, cultura”. “Che lasci o meno il nostro mercato – continua l’articolo – una cosa è certa: la Rete cinese, con i suoi 400 milioni di netizen, continuerà tranquillamente a prosperare”. E poco male se Google vorrà rinunciarvi, dal momento che i cyberattacchi e la susseguente rimozione dei filtri sarebbe nient’altro che una scusa per controllare e spiare i cittadini cinesi, come sostiene un editoriale pubblicato su China Daily. I titoli di coda si avviano a scorrere sulla storia d’amore e odio tra Google e Cina. Nessuno si stupirebbe, però, se prima dell’epilogo ci fosse un clamoroso colpo di scena. (G.M. per NL)