Un tempo erano solo Topolino, Pippo e i grandi classici. C’era una folta schiera di critici, dagli anni cinquanta, sessanta, settanta, che giudicava i cartoni animati della Disney come portatori di messaggi subliminali tesi ad inculcare codici di comportamento e di pensiero vicini a questa o quell’ideologia che allora dominavano tutto il mondo. Vi era anche chi tacciava mister Disney, o chi per lui si occupasse di disegnare i cartoni, di immettere messaggi satanismi nelle sequenze di alcuni cartoon. Nulla mai è stato – naturalmente – riscontrato di tutto questo; ma oggi, passati in semidisuso (tranne per la folta schiera degli estimatori) i vari personaggi che hanno fatto la storia della Walt Disney, la tv che ne prende il nome pare essere del tutto immune da certo genere di critiche. Anzi, a fronte degli ottimi ascolti che caratterizzano i canali Disney Channel in tutto il mondo, il boss dell’azienda che li gestisce, il californiano Rich Ross, parla di un preciso intento dell’azienda di non soffermarsi soltanto sui contenuti che presagiscano un successo editoriale, ma di perseguire scopi anche più pedagogici, educativi, formativi. Cartoni animati (senza i vecchi, storici personaggi Disney) e sit-com per bambini si impongono, a detta di mister Ross, di lanciare messaggi che favoriscano la perfetta integrazione tra bambini di culture diverse (grazie, in particolar modo, al telefilm “Raven”, dove una bambina di colore è la protagonista), ma anche veri e propri appelli contro il proliferare di psicosi e “fissazioni” tra i teenagers, riferiti all’alimentazione ed al peso. Insomma, oltre che divertire ed intrattenere, educare, come sosteneva un vecchio saggio della televisione (Reith, primo direttore della Bbc). Coi bambini, poi, quest’ultima mission sembra ancor più fondamentale. Basta non strumentalizzare l’informazione a loro rivolta. (Giuseppe Colucci per NL)