Continua a provocare polemiche il discorso tenuto pochi giorni fa al Newmuseum di Washington dal Segretario di Stato americano Hillary Clinton.
In qualle occasionem, l’ex senatrice aveva duramente attaccato quegli individui e soprattutto quei Paesi che non rispettano la libertà d’informazione in rete, che operano attacchi informatici, pongono filtri e paletti alla libera diffusione d’ogni tipo d’espressione. In sostanza, una sorta di versione internautica dei “Paesi canaglia”. E la Clinton ha fatto anche i nomi: anzitutto la Cina, protagonista nelle ultime settimane di un acceso scontro con la multinazionale americana Google, che sta creando non poche tensioni tra la Repubblica popolare ed la casa Bianca, e poi anche la Tunisia, l’Arabia Saudita, la Tunisia, il Vietnam, l’Uzbekistan. Il governo di Pechino aveva risposto immediatamente alla “provocazione” della Clinton, sostenendo che certo genere di proclami non favoriscono i rapporti tra i due Paesi, e ieri è giunta anche la risposta iraniana all’ormai celebre discorso sull’ “Internet Freedom”, nonostante il Paese guidato dal discusso Ahmadinejad non fosse stato direttamente tirato in ballo. L’appello è arrivato nientemeno che per bocca – secondo quanto riportato dalla televisione di stato iraniana – dell’ayatollah Khamenei, figura chiave della rivoluzione iraniana del 1979, nemico giurato di Washington e Guida Suprema del Paese. Secondo le parole attribuitegli, di fatti, Khamenei avrebbe accusato gli Stati Uniti d’aver non solo aizzato, ma anche finanziato i dissidenti – la cosiddetta “onda verde” – che lo scorso giugno avevano messo in piedi, attraverso la rete, una protesta vigorosa contro la rielezione del capo di Stato Ahmadinejad, rieletto – a loro avviso – a causa di brogli palesi durante le votazioni. “Gli americani hanno detto di avere stanziato 45 milioni di dollari per aiutare (i sovvertitori) nello scontro contro la Repubblica Islamica d’Iran facendo leva su Internet”, avrebbe detto Khamenei, continuando: “Questa decisione è una prova dell’entità della frustrazione del nemico. Nel passato hanno speso decine di miliardi di dollari (per fronteggiare l’Iran), non ottenendo nessun risultato”. Secondo le parole dell’Ayatollah, inoltre, gli Stati Uniti avrebbero deciso di spostare l’asse della loro battaglia contro l’Iran sulla rete, terreno fertile per la circolazione di idee “dissidenti”. Oltre ai 45 milioni di cui parla Khamenei, infatti, il Senato di Washington ha stanziato una legge che porta a 50 milioni di dollari il tetto per l’incremento delle trasmissioni in lingua farsi – la lingua più diffusa in Iran nonché lingua ufficiale del Paese – di modo da favorire la diffusione di internet in Iran. Insomma una nuova cyber guerra è alle porte? (L.B. per NL)