Diritto d’autore. Il riconoscimento dei diritti connessi agli editori anche sugli snippet divide l’UE

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L’era dell’informazione che stiamo vivendo verrà ricordata per il rapporto turbolento con internet e i tentativi di regolamentazione di questa complicata relazione che arrivano da più parti.
Una delle ultime declinazioni è la discussione, a livello europeo, sull’opportunità di introdurre – o meglio di estendere – il copyright relativo agli articoli (online, ma non solo) anche agli editori, più precisamente riconoscere agli stessi un diritto connesso al diritto d’autore (che invece spetta, appunto, agli autori degli articoli, cioè i giornalisti).
Dopo una pubblica consultazione realizzata nella primavera dello scorso anno, la Commissione europea ha formulato una proposta legislativa sull’argomento, contente una disposizione – l’articolo 11 – orientata proprio al riconoscimento dei diritti connessi in capo agli editori.

In questo modo non si farebbe altro che replicare quanto già accade per i programmi tv e quelli radiofonici, ove, anche nel caso in cui il broadcaster non sia titolare del diritto d’autore, è comunque tutelato rispetto a terzi che riproducano le trasmissioni indebitamente (la mente va subito ai siti che offrono streaming gratuito di programmi della pay tv).
Gli editori, invece, ricercherebbero protezione dagli aggregatori di notizie, come Google News o Facebook (argomento al quale abbiamo dedicato recente attenzione) e molti altri meno “famosi”: nella formulazione originaria dell’art. 11, infatti, il diritto connesso verrebbe esteso anche agli snippet, cioè gli estratti di testo (tipicamente il titolo e il sottotitolo, o la parte iniziale dell’articolo) contenenti il link all’articolo, mezzo di cui gli aggregatori si servono per diffondere il contenuto.google e facebook nel mirino - Diritto d’autore. Il riconoscimento dei diritti connessi agli editori anche sugli snippet divide l’UEC’è chi, però, vede in queste istanze di tutela un tentativo da parte degli editori di appropriarsi di una fetta importante di risorse economiche, in parte sottraendola agli autori. In un (ormai risalente) intervento critico sul suo blog contenuto ne Il Post, l’avvocato Carlo Blengino scriveva: Gli editori, soprattutto gli editori dei giornali, chiedono che sia loro attribuito un nuovo diritto esclusivo di copyright la cui finalità è evidentemente quella di drenare nelle loro casse un po’ dei soldi generati sul web dai nuovi intermediari dell’informazione, Google, Facebook, Twitter e i vari aggregatori di contenuti e news; quali titolari di un nuovo diritto esclusivo gli editori potrebbero inoltre finalmente beneficiare del mitico equo compenso, la tassa che tutti paghiamo su ogni dispositivo, dall’hard disk allo smartphone”.


Blengino riportava poi il dato della Commissione UE, secondo cui questa torta nel 2010 ammontava a oltre 600 miliardi in Europa e sarebbe stata spartita solo tra gli autori (i giornalisti) escludendo gli editori (anche se è condivisibile lo scetticismo non celato riguardo al reale beneficio dell’equo compenso da parte dei giornalisti).
Anche a non voler sposare questa linea, non si può non considerare che l’estensione del copyright (attraverso il diritto connesso) allo snippet comporta un rischio: quello di trasformarsi, in concreto, in un copyright sul link (posto che i link agli articoli vengono – per ovvie ragioni – sempre condivisi in forma di frasi che si riferiscono al contenuto, mai di meri url numerici) e funzionare da deterrente al lavoro degli aggregatori di notizie, sacrificando la circolazione dell’informazione e della cultura. Per fare un esempio, in Spagna nel 2014 è stata varata una legge che prevede il pagamento obbligatorio del diritto d’autore agli editori per la pubblicazione degli snippet sui siti di aggregazione: la conseguenza è stata la chiusura di Google Noticias Spagna, che ufficialmente ha dichiarato di non poter sostenere i costi imposti, ma anche un calo di ricavi da parte degli editori, le cui testate online hanno registrato meno traffico.

Lo scontro iberico è stato un terreno di prova per Google, che ha preso le misure rispetto ai legislatori dei diversi paesi europei, riuscendo poi a spuntarla in Germania (dove la richiesta del compenso è facoltativa e Google ha semplicemente concesso l’accesso alla piattaforma a chi acconsentiva ad una licenza free, con buona pace degli editori più resistenti che a poco a poco sono spariti dal mercato) in Belgio e in Francia, dove invece ha pattuito il pagamento di una cifra forfettaria di 60 milioni di euro in cambio della cessazione dei contenziosi attivati dagli editori nei suoi confronti.
Dalle evoluzioni appena riassunte è evidente come la proposta di legge europea abbia una valenza anche politica, di argine rispetto al potere di un gigante di Internet, in grado di influenzare pesantemente l’andamento del mercato editoriale e della raccolta pubblicitaria. L’approvazione collettiva a livello europeo dell’art. 11 nella sua interezza, potrebbe dare al mercato unico digitale la forza di pretendere dagli aggregatori di notizie il pagamento dei diritti vantati. Tuttavia al momento il Consiglio resta diviso proprio su questa norma chiave: la sposano in toto solo 5 Paesi (Italia, Francia, Germania, Spagna, Portogallo), mentre altri vorrebbero formulazioni più lasse della norma, che escludano dai diritti connessi al diritto d’autore proprio gli snippet. (P.B. per NL)

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