L’Italia non si adegua in maniera effettiva alla direttiva Barnier sulla gestione dei diritti d’autore e la Commissione europea – ritenuto infruttuoso il dialogo con il Governo italiano – minaccia di aprire, entro settembre, una procedura di infrazione a cui potrebbero seguire sanzioni.
Infatti, se l’obiettivo dell’UE è quello di liberalizzare il mercato delle collecting nell’ottica di rendere più semplice la tutela del copyright a livello multinazionale, il nostro legislatore ha fatto orecchie da mercante salvando – di fatto – il monopolio della SIAE sul territorio italiano.
La direttiva Barnier stabilisce che “i servizi di gestione collettiva di diritti d’autore e di diritti connessi dovrebbero consentire a un titolare dei diritti di poter scegliere liberamente l’organismo di gestione collettiva cui affidare la gestione dei suoi diritti, sia che si tratti di diritti di comunicazione al pubblico o di riproduzione, o di categorie di diritti legati a forme di sfruttamento quali la trasmissione radiotelevisiva, la riproduzione in sala o la riproduzione destinata alla distribuzione online a condizione che l’organismo di gestione collettiva che il titolare dei diritti desidera scegliere già gestisca tali diritti o categorie di diritti”.
Il provvedimento che la recepisce, il d.lgs. 35/2017 (approfonditamente esaminato su questo periodico, anche in tema di riforma delle comunicazioni obbligatorie da parte degli utilizzatori agli organismi di gestione dei diritti d’autore e connessi) introduce la possibilità per i detentori dei diritti d’autore di affidare la tutela degli stessi “a un organismo di gestione collettiva o a un’entità di gestione indipendente di loro scelta”, ma al tempo stesso, facendo leva sulla conclusione del citato paragrafo della direttiva, salva la legge 633 del 1941 (in particolare, l’art. 180) che affida in esclusiva alla SIAE la raccolta dei profitti dei diritti d’autore sul territorio italiano.
L’effetto è paradossale: un artista può affidare la tutela delle proprie opere ad un organismo di gestione collettiva diverso da SIAE, ma quell’organismo affidatario non potrà raccogliere i proventi dei diritti d’autore, che invece potranno essere raccolti proprio da SIAE. Si sono già verificati effetti distorti, come nei casi di Fedez e Gigi D’Alessio che hanno scelto come organismo di gestione Soundreef (società italiana con sede in Inghilterra) e si sono visti negare i proventi derivanti da alcune tappe del tour, nel primo caso, o dall’esibizione di Sanremo, nell’altro: gli organizzatori non hanno potuto conferire le reciproche spettanze perché la legge (n. 633/1941, fatta salva dal d. lgs. 35/2017) li obbliga ad operare con la società che detiene il monopolio, cioè SIAE.
La polemica che ne è scaturita ha avuto una grande risonanza mediatica, anche grazie al rilievo che il cantante e produttore Fedez ha sui social network, ma con l’imminente intervento sanzionatorio della Commissione UE la questione esce dai confini dell’interesse privato di personaggi noti e ritorna a livello politico-legislativo.
Per evitare la procedura di infrazione, in sede di discussione della Legge Europea l’esponente PD Emiliano Minnucci ha proposto un emendamento con cui si limiterebbe l’esclusiva SIAE ai soli segmenti di mercato dove la società può offrire un valore aggiunto. L’emendamento, che sembrerebbe richiamare chissà quali aree di interesse nazionale nell’attività della SIAE, oltre che di dubbia efficacia è stato comunque giudicato inammissibile per “difetto di materia” (la stessa sorte era toccata ad altri emendamenti proposti in analoga sede da esponenti del Movimento 5 Stelle).
Volente o nolente, però, l’Italia dovrà riaprire la discussione sulla liberalizzazione del mercato delle collecting, non fosse altro per rimediare agli effetti collaterali causati dal d.lgs. 35/2017, ma anche per allinearsi alle indicazioni del legislatore europeo. (V.D. per NL)