Diritto d’autore: i cartoni animati sono equiparati ai film

Lo stabilisce una sentenza della terza sezione penale della cassazione

Il diritto di utilizzazione spettante al produttore dei cartoni animati che costituiscono opera cinematografica, gode della tutela attribuita a tali opere con i relativi termini di durata, alla quale non si aggiunge, determinando una maggiore durata o una diversa scadenza di tali termini, la tutela, differente e ulteriore prevista per l’autore dei disegni impiegati nella realizzazione del cartone animato”. E’ quanto la Suprema Corte di Cassazione sostiene nella sentenza emessa dalla terza sezione penale con numero 38721 del 19 ottobre scorso. In pratica, la protezione del diritto d’autore dei cartoni animati viene equiparata a quella prevista per le opere cinematografiche, per le quali è previsto che il diritto di natura patrimoniale sull’opera è trasmissibile e si estingue dopo 50 anni dalla prima proiezione in pubblico dell’opera, perché questa abbia luogo non oltre i cinque anni dalla fine dell’anno solare nel quale l’opera è stata prodotta. Se tale termine dovesse essere superato, la tutela dura 50 anni a partire dall’anno successivo a quello in cui l’opera è stata prodotta. La durata del diritto d’autore è stabilita dal Dpr n. 19 dell’8 gennaio 1979, recante norme relative alla “Applicazione della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche", riveduta da ultimo con atto firmato a Parigi il 24 luglio 1974), che ha in parte modificato la legge base sul Diritto D’Autore (la n. 633 del 22 aprile 1941). Al di là della definizione dei termini della durata di utilizzo, far rientrare i cartoni animati nella categoria delle opere cinematografiche, ha un effetto non secondario, che riguarda la definizione dei soggetti a cui spettano i diritti di utilizzazione. La legge sul diritto d’autore stabilisce che, per le opere in comunione, vale a dire create con il contributo indistinguibile di più persone, il diritto d’autore spetta a tutti i coautori, salvo la prova scritta di diverso accordo. Tuttavia, per le opere cinematografiche, pur rientranti nelle opere in comunione, vengono dettate norme particolari: l’art. 45 stabilisce che “l’esercizio del diritto di utilizzazione economica dell’opera spetta a chi ha organizzato la produzione stessa” e che “si presume produttore dell’opera cinematografica chi è indicato come tale sulla pellicola cinematografica”. Spettano ai coautori, indicati dalla stessa legge come l’autore del soggetto, l’autore della sceneggiatura, l’autore della musica ed il direttore artistico, i diritti morali sull’opera, irrinunciabili ed inalienabili, che si concretizzano nel diritto di questi soggetti di opporsi ad ogni deformazione, mutilazione o modifica dell’opera che siano lesive del suo onore o della sua reputazione. L’incertezza di una terra di confine tra i due diritti ha, naturalmente, forti ripercussioni nella pratica, ponendo problemi non irrilevanti sulle forme di utilizzo delle opere cinematografiche, problemi sui quali vi è un’ampia casistica giurisprudenziale e dottrinale. (G.M. per NL)

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