Sconfitta francese per Google, che è stata condannata a risarcire 300.000 euro di danni – più 10.000 euro per ogni giorno di ritardo della data di esecuzione della sentenza – all’editore "La Martinière" per aver pubblicato – senza autorizzazione – stralci di opere letterarie (circa 4000 testi violati, secondo Italia Oggi, 19/12/09, p. 21) sulle quali insiste il copyright della controllata casa editrice "Le Seuil".
Simbolicamente, il Tribunale d’oltralpe – probabilmente forzando sul carattere di moral suasion del costituendo precedente – ha ulteriormente statuito un indennizzo a "Sne Publishers Association" e "Sgdl Society of Authors" (due nomi che rappresentano gli interessi di quella che in Italia è la SIAE) di 1 euro. Come a dire che la proprietà intellettuale nel suo complesso viene lesa da un contegno del tipo di quello tenuto dal colosso statunitense. Anche la neutrale Svizzera, dal canto suo, scende in campo intentando una guerra virtuale al colosso telematico americano; infatti, le autorità federali elvetiche hanno avviato un procedimento che vorrebbe far cessare il servizio di "Street View" del motore di ricerca USA perché ritenuto contrario alla privacy. Il compromesso finora raggiunto consta nel sistematico blocco degli aggiornamenti, potendo perdurare on line, in attesa di una decisione definitiva, il materiale finora elaborato. In merito, poi, all’ordinanza del Tribunale di Roma che obbliga You Tube (sempre Google family) alla rimozione delle sequenze video del programma Grande Fratello 10 (se ne è parlato pochi giorni fa proprio da queste pagine), il gruppo di Mountain View scrive addirittura ai nostri parlamentari specificando di ritenere più che lecita la propria attività prestata in Italia; infatti, la piattaforma attraverso la quale You Tube colloca in rete i propri video è fornita del programma "Content Id" per l’identificazione degli utenti. In pratica, pare di capire che, usufruendo di questo sistema, il proprietario dei diritti di esclusiva su di un determinato contenuto possa scandagliare tutto il data base, individuare eventuali violazioni delle proprie prerogative editoriali e scegliere tra due alternative: far rimuovere il video comunicando l’URL all’ISP od inserirvi passaggi pubblicitari. Google, dunque, così procedendo vorrebbe proporre a R.T.I. una "terza via" per ricomporre la controversia giudiziaria sorta lo scorso novembre; lo fa, appuntando l’attenzione sul fatto che alcuni broadcaster suoi partner (ad esempio, Rai e Fox Channel Italy) già utilizzano proficuamente questo programma (V. Italia Oggi, 19/12/2009, p. 21). Curiosi, invero, i mediatori prescelti. Forse, il provider USA asserisce innanzi al legislatore la piena legalità del proprio operato al fine di scongiurare ulteriori antidoti legislativi. Ripercorrendo la cronaca dei fatti giudiziari che hanno coinvolto negli ultimi tempi Google, questi ha più volte invocato a sua difesa il diritto degli utenti internet ad essere informati. Nessun Tribunale, quantomeno per i giudizi dei quali si è finora dato conto, ha mai avallato l’ipotesi dell’esimente del diritto di critica o di cronaca – peraltro ampiamente utilizzata in altre circostanze (si vedano i giudizi intentati contro giornalisti anche in relazione alla violazione del segreto d’ufficio su atti d’indagine riservati, o cittadini che hanno denunciato sugli organi di stampa presunte irregolarità perpetrate da politici o amministratori locali) – in quanto la legge 633/1941 sul diritto d’autore tutela l’esclusività di qualsivoglia forma di sfruttamento di una determinata opera in capo al legittimo titolare (avente causa di un accordo con l’eventuale autore o produttore o patrono di copyright) alla stregua di bene giuridico di primaria importanza. Altro elemento che la "Google’s family" ha di frequente addotto a sua discolpa è rappresentato, nel nostro sistema giuridico, dall’art. 17 del d.lgs 70/2003 "Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno". La disposizione statuisce nella stessa rubrica l’assenza di un generalizzato obbligo di sorveglianza in capo al provider, ratio – questa – che vorrebbe affrancare le società operanti come fornitrici di servizi di hosting o caching dal ricercare fattivamente contenuti illegali facenti capo ai propri utenti. Unica incombenza che ricadrebbe in capo agli stessi sarebbe rappresentata dalla segnalazione e successiva rimozione, una volta individuate e ritenute lesive di determinati beni giuridici protetti, del materiale compromesso. Proprio da questo punto di vista, è stato opportunamente osservato (Alessandro Galimberti e Andrea Monti in www.ilsole24ore.com, 22/12/2009) che, una volta adempiuto quest’onere, opera senz’altro la limitazione di responsabilità sancita nel testo normativo. A tal proposito, non si comprende l’imposta valutazione "caso per caso" argomentata dal Tribunale di Roma nella concessione dell’inibitoria a RTI S.p.A. ai sensi della Lda, la quale di fatto sembrerebbe contravvenire alla lettera dell’art. 17 d.lgs. 70/2003. Nell’ordinanza, difatti, il giudice capitolino afferma che l’irresponsabilità del provider decade laddove questo "non si limiti a fornire la connessione alla rete, ma eroghi servizi aggiuntivi (…) e/o predisponga un controllo delle informazioni e, soprattutto quando, consapevole della presenza di materiale sospetto si astenga dall’accertarne l’illiceità e dal rimuoverlo o se consapevole dell’antigiuridicità ometta di intervenire". L’ermeneutica qui seguita, si osserva, "spinge avanti la soglia di controllo dell’ISP" (Cfr. A. Garimberti, A. Monti, cit.), annullando di fatto le tutele fornite dalle norme nazionali e sovranazionali alle aziende operanti in questo settore. Pur ritenendo assolutamente opportuno perdurare nella protezione del diritto d’autore, da più parti si sollecita una maggiore attenzione nelle tecniche seguite dai giudici per assicurare la dovuta tutela ad autori ed editori: i principi ispiratori posti a presidio della materia, anche se spesso di difficile comprensione per chi non sia particolarmente avvezzo alle nuove tecnologie, non dovrebbero essere oggetto di interpretazioni che li carichino di nuovi e novellatori contenuti. In diritto, si sa, il fine non giustifica mai i mezzi. (Stefano Cionini per NL)