E’ di pochi giorni fa la notizia che, anche in secondo grado, la giustizia statunitense ha dato ragione a You Tube, ritenendo la controllata di Google non responsabile di violazione del copyright nei confronti di Viacom, per aver diffuso video caricati da utenti sui quali l’azienda delle tlc poteva vantare diritti di sfruttamento.
A margine di un contenzioso che si trascina da quasi sei anni, giunto al secondo grado di giudizio, una Corte Federale ha confermato l’orientamento che nel 2010 aveva già espresso quella distrettuale: il portale video più noto al mondo non può essere ritenuto colpevole di aver infranto i precetti stabiliti dalla normativa sul diritto d’autore, solo per il fatto di aver avuto “generica consapevolezza” delle violazioni denunciate da Viacom, non essendo ravvisabile un generico e generalizzato obbligo di vigilanza – nel caso specifico – sui contenuti veicolati in rete dal gestore del portale. La normativa d’oltreoceano di riferimento che i giudici hanno applicato è il Digital Millennium Copyright Act (DMCA), rigidissima disciplina federale sul copyright che, in casi del genere, circoscrive l’accertamento sulla condotta contestata agli elementi di dolo. A tal proposito, l’ordinamento americano (ma non solo quello in base ad un orientamento che sembrerebbe consolidarsi anche nel nostro paese) riconosce ai provider un importante salvacondotto, consistente in una sostanziale limitazione della responsabilità (che oltre oceano si chiama “safe harbor”), che preclude la perseguibilità di tali soggetti nel caso in cui, venuti a conoscenza dai diretti interessati del perpetrarsi di una infrazione al DMCA, si determinino tempestivamente per la rimozione del contributo contestato. In effetti non potrebbe essere diversamente, se solo si pone attenzione ai milioni di video – di ogni genere e specie – che gli internauti posso visionare su You Tube e su piattaforme del genere. Sarebbe praticamente impossibile per i responsabili del motore di ricerca vagliare uno ad uno i video e verificarne la rispondenza alle norme in materia di copyright. Ovviamente la pronuncia non è stata per niente accolta di buon cuore da Viacom, intenzionata a deferire la questione all’attenzione della Suprema Corte statunitense, ritenendola profondamente lesiva nei confronti di autori ed editori. Eterna contesa, potremmo dire, tra il giusto e lo sbagliato nell’era di internet, della multimedialità e della condivisione ad ogni costo. (S.C. per NL)