Numerose emittenti radiotelevisive locali sono state interessate negli ultimi giorni da visite dei nuclei speciali della Guardia di Finanza. Il tema dei controlli è (quasi) sempre il medesimo: la verifica della regolarità della posizione in materia di diritti d’autore e diritti connessi (legge 633/1941 e successive modificazioni). In pratica, la titolarità delle licenze della Società Italiana Autori ed Editori e della SCF Consorzio Fonografici. In quei casi in cui i contratti con le rappresentanze degli autori e dei fonografici non ci sono la prassi è consolidata: sequestro del server (senza intaccare il funzionamento dell’emittente), elevazione del verbale (non raramente milionario, visto che la sanzione amministrativa pecuniaria è pari al doppio del prezzo di mercato dell’opera o del supporto oggetto della violazione – cioè ogni file illecitamente detenuto – e in misura comunque non inferiore a euro 103,00 per ogni pezzo) e denuncia alla magistratura penale. Da Milano a Catania, da Trieste a Roma, da Firenze a Bari il copione è pressochè identico: la GdF bussa alla porta della stazione, chiede del legale rappresentante e domanda l’esibizione dei titoli all’esercizio dell’attività, che possono andare (a seconda dell’accuratezza del controllo, che si può protrarre anche per diversi giorni) dalla concessione ministeriale all’iscrizione al ROC presso l’Agcom, dal registro programmi alla dimostrazione del pagamento dei canoni e delle tasse di concessione, dalla testata giornalistica all’abilitazione ex L. 66/2001 (per le radio), per giungere, inevitabilmente, alle licenze SIAE e SCF. E qui, purtroppo, spesso casca… l’editore. Via allora, di corsa, a regolarizzare la posizione. Ma il danno ormai è fatto. E i cocci (civili, amministrativi e penali) sono suoi.