Secondo la società degli autori e degli editori, "a proposito dell’ adeguamento dei compensi per copia privata alle memorie digitali, si è scatenata la solita tempesta in un bicchier d’acqua".
Una tempesta che, però, per SIAE "può diventare istruttiva". Per esporre i propri punti di vista sull’argomento, l’ente fa impiego del sistema per domande e risposte:
1) Siamo alla solita tassa.
No, non è una tassa, perché si tratta di diritti d’autore. I diritti d’autore sono “lo stipendio” di chi crea un’ opera (musica, film, romanzi, testi teatrali). Col digitale le opere artistiche conoscono nuove forme di diffusione, con rilevanti utili da parte delle industrie tecnologiche. Il principio del diritto d’autore si fonda, nel mondo, sul fatto di applicarlo a tutte le nuove forme di sfruttamento delle opere. E’ successo così per il fonografo, la radio, la televisione ecc. E’ quindi giusto che gli autori e l’industria dei contenuti traggano ricavi dalle nuove forme di sfruttamento delle loro opere. Viceversa scandalizzarsi e considerare i diritti d’autore una tassa, sarebbe come considerare lo stipendio dei lavoratori una tassa, che danneggia i consumatori.
2) I soldi vanno alla gabelliera Siae.
No. La Siae è incaricata di raccoglierli e di distribuirli agli aventi diritto: autori, artisti interpreti, editori, produttori. 3) C’è solo in Italia. No. Esiste in molti Paesi d’Europa (Francia, Spagna, Germania, Belgio, Olanda, ecc.), con l’eccezione della Gran Bretagna, in cui copiare su qualsiasi supporto una canzone, un film ecc. è considerato un reato con risvolti penali. In molti Paesi europei i compensi per copia privati erano superiori a quelli praticati in Italia, ora dopo 6 anni anche il nostro Paese si è adeguato alla media europea.
4) E’ un freno alle nuove tecnologie.
No. E’ uno degli auspicati adeguamenti anche al mondo digitale di regole di garanzia a tutela del lavoro. In questo caso del lavoro creativo e dell’ industria dei contenuti. Per di più l’industria tecnologica si è sviluppata in gran parte proprio grazie alla diffusione dei contenuti. Cosa sarebbe un iPod senza canzoni? La straordinaria disponibilità di contenuti in rete, genera valore per migliaia di operatori della connettività; perché creatori, editori, produttori dovrebbero esserne esclusi?
5) E’ uno svantaggio per il consumatore.
No. Al contrario permette la fruizione per l’uso personale delle opere a costi estremamente più bassi rispetto a quelli dell’ originale. Nella quantificazione delle tariffe, in Italia come nel resto d’Europa, si è tenuto conto del fatto che i devices digitali possono essere utilizzati anche per scopi diversi. Viceversa senza questi compensi, che ristorano solo in parte autori e industria per i mancati acquisti degli originali, non sarebbe possibile alcuna registrazione da parte di privati.
Per la Società degli autori, "In questi anni lo sfruttamento delle opere dell’ingegno tramite le nuove tecnologie, è aumentato in maniera esponenziale, ma a tale sviluppo e diffusione commerciale non è corrisposta una adeguata tutela dei diritti d’autore". Ma secondo SIAE, "Ora, questo decreto sana, se pur parzialmente, questo divario".