La direttiva sul Copyright proposta dalla Commissione Europea nel 2016 per la creazione di un Digital single market, il mercato unico digitale in Europa, verrà votata dall’Europarlamento, riunito in plenaria a Strasburgo, domani.
All’indomani della dura protesta avviata da Wikipedia, di cui abbiamo già dato conto, vediamo, con la collaborazione di INPGI, le principali modifiche che potrebbero essere introdotte.
Il testo, uscito dal vaglio della Commissione giuridica dell’Eurocamera, presenta due importanti modifiche sul fronte dei diritti d’autore.
Le modifiche riguardano una maggiore regolamentazione del rapporto tra editori, lavoro degli autori e piattaforme web (Facebook o Google) per dare piu’ diritti a chi crea contenuti.
La riforma, battezzata “del copyright”, darebbe agli editori la possibilità di negoziare con le piattaforme una remunerazione per l’utilizzo del loro materiale giornalistico, finora mai tutelato dalla regole sulla proprietà intellettuale.
La Commissione Europea e il Parlamento cominciano a discutere una proposta di riforma del copyright a partire dal 2016. L’obiettivo era riempire un vuoto legislativo che ha consentito alle piattaforme che ospitano contenuti caricati dagli utenti (come YouTube) di evitare di pagare una licenza equa per i contenuti creativi (musica, film, libri, spettacoli tv), generando danni all’industria culturale. La nuova direttiva assegna oggi una responsabilità alle piattaforme per l’uso dei contenuti protetti dal diritto d’autore. Sono coinvolte quelle piattaforme che generano profitti fornendo accesso a contenuti sotto copyright come musica e video caricati dagli utenti, tipo YouTube.
Sono due gli articoli della direttiva europea che riguardano in particolare il mondo dei media e dei giornali e il diritto d’autore: l’articolo 11 e l’articolo 13.
Nel merito, l’articolo 11 propone che il lavoro giornalistico svolto in rete venga in qualche modo remunerato dalle grandi piattaforme che aggregano contenuti. L’articolo 11 della direttiva prevede che chiunque voglia pubblicare un link e/o uno snippet (il riassunto di due righe con i rispettivi link pubblicato dai motori di ricerca e dagli aggregatori per anticipare all’utente il contenuto di una pagina web), avrà bisogno di un’autorizzazione da parte dell’editore del contenuto linkato e/o citato e dovrà pagare a quest’ultimo un compenso.
Lo snippet (riportiamo come esempio quello di questo articolo) e’ composto dal titolo, generalmente in blu, e dalle prime tre, quattro righe di articoli. Si tratta di una forma di equo compenso per retribuire gli editori (quindi il lavoro giornalistico dei propri dipendenti) per l’utilizzo di un’opera protetta da diritto d’autore. Per poter indicizzare articoli giornalistici e permettere la visualizzazione dell’anteprima (snippet) i motori di ricerca dovrebbero pagare le testate, probabilmente sotto forma di abbonamenti.
L’articolo 13 riguarda il diritto d’autore per opere artistiche caricate dagli utenti sulle piattaforme. L’obiettivo e’ risolvere il cosiddetto “value gap”, ovvero la discriminazione remunerativa che esiste nel mondo dello streaming tra quanto versano piattaforme come YouTube e altri servizi come ad esempio Spotify. La direttiva richiede alle piattaforme di creare un filtro automatico, un algoritmo, in grado di verificare tutti i contenuti caricati prima della loro pubblicazione, controllare che non siano stati violati i copyright e, in tal caso, impedirne la pubblicazione.
Se il parlamento dovesse approvarla, queste piattaforme dovrebbero inoltre ottenere una licenza per i contenuti di copyright per fine di generare un equo ritorno economico ai creatori. E pubblicare solo contenuti da parte di utenti che abbiano acquistato la licenza. Non e’ dunque previsto un consenso per la pubblicazione di un contenuto, ma solo un’autorizzazione che chi lo carica sia autorizzato a farlo. Inoltre il testo non prevede alcun obbligo di sorveglianza delle informazioni e prevede che tutto ciò che non violi la legge non abbia alcun freno alla pubblicazione.
La nuova legislazione Ue andrebbe a sanare un’anomalia storica e colmare una lacuna giuridica europea, ovvero la mancanza di tutele per le testate online, quando queste esistono invece per musica e film. Si tratta quindi di dare piu’ potere negoziale agli editori nei confronti delle grandi piattaforme come Facebook o Google sulla remunerazione che possono richiedere per l’utilizzo della loro produzione giornalistica.
Come del resto già avviene per le case discografiche o cinematografiche per film o canzoni. Tra l’altro, le nuove norme Ue non impongono nessun obbligo agli editori, al contrario viene lasciata loro la scelta commerciale se negoziare o meno una remunerazione con le piattaforme.
Di conseguenza garantire questo tipo di diritti agli editori non impatterebbe il modo in cui gli utenti condividono i link su internet.
La Direttiva Europea andrà poi applicata a livello di ogni singolo paese. (E.G. per NL)