La scadenza del bando d’asta per i diritti tv della Champions League per il triennio 2018-2021 è alle porte: la data ultima per le offerte è il 12 giugno e il vincitore sarà il miglior offerente, cui saranno aggiudicati tutti i diritti in esclusiva su tutte le piattaforme. La data è tardiva rispetto ai trienni precedenti, segnale che il mercato italiano non è più prioritario per la Uefa, che ha preferito far cassa prima in Regno Unito, Francia e Germania. I principali partecipanti all’asta italiana, in effetti, non sembrano intenzionati a giocare al rialzo. Mediaset non cercherà di replicare l’operazione del triennio 2015-2018 in cui si era aggiudicata l’esclusiva Champions per 220 milioni di euro, rivelatasi poi fallimentare. Dal canto suo, Sky, che già allora aveva ritenuto fuori misura la cifra pagata da Mediaset (nell’asta 2012-2015 i due broadcaster avevano pagato circa 150 milioni di euro), non rilancerà, forte anche dei risultati positivi ottenuti pur senza trasmettere le partite della massima competizione tra i club europei. La strada sembra spianata per il nuovo competitor Telecom Italia, unico soggetto abbastanza in salute per poter fare quella che è stata definita una “follia da 200 milioni di euro all’anno”. La Uefa però storce il naso davanti alla prospettiva di una esclusiva a Telecom per l’Italia: le infrastrutture delle telecomunicazioni nel Bel Paese non garantiscono una diffusione capillare della ultrabanda larga e questo potrebbe costare caro alla Champions League in termini di audience. Così l’opzione ad oggi più accreditata sembra quella di un’offerta combinata tra Mediaset e Telecom: alla prima i diritti per le partite in chiaro, alla telco tutto il resto, da offrire agli utenti con pacchetti in abbonamento. In altri Stati europei,nel frattempo, la Uefa ha fatto affari proprio con le aggiudicazioni dei diritti alle telco: in Francia, Sfr ha sbaragliato la concorrenza offrendo 350 milioni di euro l’anno, mentre nel Regno Unito la British telecom ha vinto offrendo 394 milioni di sterline l’anno, con un rincaro del 32% rispetto al triennio passato. (P.B. per NL)