L’asta dei diritti tv della Serie A di calcio è stata un buco nell’acqua: Mediaset, che aveva impugnato il bando ritenendolo non equo, non ha presentato offerte e neppure gli altri operatori l’hanno fatto, eccetto Sky, che ha lanciato un’offerta di 495 milioni di auro l’anno per i pacchetti A e D, ritenuta non accettabile da Infront. Parimenti rifiutata anche l’offerta della media company inglese Perform group per i pacchetti C1 e C2: in sede di apertura delle buste, il notaio non ha neppure capito se venissero offerti 50 milioni di euro complessivi o per pacchetto, quota in ogni caso insufficiente, visto che la base d’asta era di 100 milioni per ciascun pacchetto. L’advisor della Lega Serie A dovrà ora ristrutturare il bando per sperare di avvicinarsi all’obiettivo di incasso del miliardo di euro l’anno: l’amministratore delegato Luigi De Siervo ha spiegato che “la vendita per piattaforme (suggerita da Antitrust, ndr.) verrà archiviata e si passerà ad una vendita per prodotto, con pacchetti in esclusiva a prescindere dalle piattaforme. Ma bisognerà aprire un canale con l’Antitrust”. Nel frattempo Infront punta al mercato estero: se nel passato triennio la vendita dei diritti tv della Serie A oltre confine aveva portato a incassare 186 milioni di euro l’anno, l’auspicio per il triennio 2018-2021 è che il boom del mercato cinese e asiatico valga ben 300 milioni di euro annui. A breve si conosceranno anche gli esiti dell’asta dei diritti tv della Champions League, il cui termine per le offerte è scaduto ieri. Tra le ipotesi più quotate c’è, da un lato, l’offerta di Tim come operatore per la distribuzione dei contenuti sulla pay tv, in accordo con Mediaset per la diretta su free tv di una partita di una squadra italiana il mercoledì sera; dall’altro lato, il binomio Sky, broadcaster pay tv, e Rai per la trasmissione in chiaro del mercoledì. (P.B. per NL)