C’era una volta l’appuntamento domenicale con il calcio sulle tv e sulle radio locali. Un appuntamento che, in Lombardia come in Campania, in Lazio come in Liguria, occupava i lunghi pomeriggi calcistici degli appassionati che, per scelta o per motivi di bilancio familiare, non potevano permettersi le dirette di Sky.
C’erano una volta personaggi entrati, di diritto, nell’immaginario collettivo; i Tiziano Crudeli, gli Elio Corno, i Carlo Zampa e i Carlo Alvino. Ognuno con un suo tic, un suo jingle, un suo particolare modo di esultare o di raccontare le gesta della sua squadra del cuore e che, oramai, erano diventati la cifra distintiva di un modo di vedere e fruire il calcio che ora (forse) non esisterà più. Alcuni di questi personaggi, pescati nel corso degli anni dagli editori delle reti private lombarde o laziali, avevano raggiunto livelli di popolarità paragonabili a quelli dei volti delle tv nazionali: basti pensare alla coppia Crudeli-Corno e alle loro scenette che rendevano ancor più accesi (a volte troppo) i contrasti tra i tifosi delle due squadre milanesi, Milan e Inter. Molti di questi, dopo la decisione della Lega Calcio di vietare “tassativamente” “la tele audiocronaca e/o l’audiocronaca della gara, in diretta e/o differita, effettuata dallo stadio, dagli studi televisivi e/o da qualsiasi altra postazione”, per tutelare gli interessi della RAI e della sua versione dell’appuntamento domenicale con il calcio raccontato e immaginato (“Quelli che il calcio…”), saranno ingaggiati da altre emittenti perché oramai divenuti volti così familiari ai tifosi di tutt’Italia da essere considerati irrinunciabili. Molti altri, invece, andranno (probabilmente) in pensione anticipatamente, chiudendo una stagione, durata trent’anni, in cui il campionato di calcio, la domenica, al di là e prima dell’avvento di Sky, era vissuto come immedesimazione nel tifoso simbolo della propria squadra. E quanto più questo era soggetto a batticuori, salti sulla sedia e scatti d’isteria calcistica, tanto più i tifosi si lasciavano andare alle proprie passioni, magari soltanto per un gol in fuorigioco evidente o per un cartellino giallo non dato all’avversario. Alcuni degli editori che già avevano programmato la partenza della trasmissione domenicale dalla fine di agosto, alla ripresa del campionato, senza sostanziali modifiche rispetto alle stagioni precedenti, e che dovranno invece decidere se rivoluzionare la struttura del programma o cancellarlo del tutto, hanno già annunciato che intraprenderanno vie legali per tutelarsi. In particolare, ponendo l’accento sul principio: la partita di calcio della domenica è informazione o spettacolo? Nel primo caso, il diritto di cronaca risulterebbe sacrosanto per le emittenti e non potrebbe “essere cancellato da un contratto”, come ha dichiarato Massimo Monti, editore di Tele Nord. Molte di queste emittenti, però, probabilmente cederanno al potere del dio pallone e del suo vicario in terra: la pay tv e le emittenti nazionali. Peccato, alcune di queste trasmissioni, con tutto il bagaglio di “spettacolo” o di avanspettacolo che si erano portate dietro negli anni, avevano fatto davvero la storia dell’informazione sportiva in Italia. Un’altra dura batosta per le tv locali già bastonate dalla cancellazione delle provvidenze per l’editoria, dalla deregulation LCN e da un Piano di assegnazione delle frequenze che le ghettizza anche tecnicamente. (G.M. per NL)