"Spiace rilevare le affermazioni di RNA. In fase di rinegoziazione dell’accordo con le radio nazionali, SCF ha manifestato un atteggiamento che, contrariamente a quanto si dichiara, è sempre stato estremamente disponibile e propositivo".
Inizia così il comunicato diffuso nei giorni scorsi dal Consorzio Fonografici SCF a seguito della decisione delle radio nazionali di sottoporre ad embargo le novità musicali in segno di protesta contro la decisione della rappresentanza dei discografici di aumentare di 4 volte i compensi in tema di diritti connessi ai diritti d’autore (aumentando dall’1 al 4% l’aliquota calcolata sull’intero fatturato annuo, quindi determinando una variazione di milioni di euro). "Abbiamo avanzato numerose proposte volte a ridefinire il corrispettivo per i diritti discografici, anche attraverso un percorso graduale di adeguamento tariffario", ha spiegato nella nota il presidente SCF Saverio Lupica, evidentemente messo alle strette da una decisione, quella delle radio, non ipotizzata inizialmente dal consorzio. "Non vogliamo certamente entrare nel merito delle scelte di palinsesto delle radio. Non riteniamo però corretta l’iniziativa promossa nei giorni scorsi dalle radio, soprattutto se queste si dichiarano sostenitrici dei prodotti musicali e delle imprese discografiche", ha spiegato Lupica, confermando implicitamente le voci che volevano malumori crescenti all’interno dell’ente a seguito dell’oscuramento dei brani musicali. Non può, infatti, non balzare all’occhio il cambio di rotta del presidente SCF, che all’inizio dell’embargo alla domanda se esso costituisse un grosso danno per le case discografiche, aveva risposto: “A sentire i nostri consorziati, non mi pare”. Ora però i toni di SCF sono già più morbidi: "Per quanto riguarda la trattativa con RNA, quanto richiesto oggi da SCF non è altro che un ragionevole adeguamento dei compensi con quanto applicato già da tempo a livello europeo". "In Italia fino al 2006 i principali network nazionali hanno riconosciuto per i diritti discografici un compenso pari all’1% dei loro ricavi lordi: una somma che non può certo essere considerata una "equa remunerazione", a fronte di un utilizzo di musica sempre più intensivo ed evidente, stimato in ben oltre il 50% del palinsesto radiofonico medio", ha sottolineato Lupica. Le radio però non hanno nessuna intenzione di cedere, a quanto risulta. Anche perché, stavolta, hanno capito di avere il coltello dalla parte del manico. (M.L. per NL)