I fatti. Le radio nazionali da qualche giorno hanno smesso di programmare le novità discografiche, non inseriscono più dischi nuovi, come forma di protesta nei confronti della SCF, dopo che sono state interrotte le trattative per il rinnovo della convenzione tra le parti.
Pensate che su RTL 102.5 è stato abolito (per ora) il New Hit, una specie di istituzione che era lì dal 1988. La situazione. Le radio pagano da anni una quota del proprio fatturato alla Siae per lo sfruttamento dei diritti d’autore e una quota alla SCF (Consorzio Fonografici, già Società Consortile Fonografici) per lo sfruttamento del supporto fonografico che si pratica diffondendo musica registrata. Diciamo che i due corrispettivi sono da distinguere in modo netto. Io ho sempre considerato sacrosanto il pagamento dei diritti SIAE, mentre trovo un po’ più perverso (non significa “ingiusto”) che le case discografiche incassino soldi dalle radio, a cui chiedono però di promuovere i loro prodotti, con una pressione costante, con una specie di continuo “ricatto psicologico” nei confronti degli operatori che fanno la programmazione delle radio. Allora, traduciamo… Io produco dischi; chiedo alla radio di pagarmi perchè sfrutta i dischi, salvo poi tempestare di mail e di chiamate per condizionare la scelta su quali dischi vengono suonati. Come se domani, andando dal salumiere (e pagando), lo stesso decidesse per voi che dovete mangiare prosciutto cotto e non crudo, perchè a lui interessa spingere il San Daniele. Bizzarro, no? C’è poi un altro aspetto. La discografia chiede soldi alle radio; fa pressione per la programmazione; poi compra campagne pubblicitarie (solo su alcune radio) con cui, in pratica, è come se restituisse il denaro raccolto con i diritti connessi. Il tutto rappresenta benissimo il paradosso del nostro modo di fare business. La quota che le radio pagano oggi è circa dell’1% del fatturato (per le nazionali) a SCF; ma non dimentichiamo una quota prossima tra il 3 e il 4% per la SIAE, anche se è difficile dare una quota “secca” perchè ci sono un po’ di abbattimenti da calcolare. Il totale SIAE/SCF è compreso tra il 4.5 e il 6%. In inghilterra, la quota massima è del 5.25% per pagare la PRS (la nostra SIAE), ma quella quota include anche la MCPS (la nostra SCF). C’è però un aspetto legato a queste quote che non va sottovalutato. A Radio Number One (la radio dove lavoro) non è chiesto alcun rendiconto di quello che suona: il denaro versato viene messo in un rendiconto che poi viene ridistribuito secondo i parametri SIAE, senza alcun riscontro con la realtà. Traduco: noi suoniamo 100.000 volte Mario Biondi, non lo segnaliamo alla SIAE, versiamo la nostra quota annua e i soldi poi vanno a Lucio Dalla, che nelle quote SIAE ha una percentuale molto più rilevante del buon Mario. Come andare al supermercato, comprare uno yogurt nuovo, di nicchia, ma i soldi vanno a Danone perchè è più famosa. Non giudico, riporto solo i fatti; poi ognuno può esprimere il proprio parere. Metterei un’ultima considerazione: la discografia ha schiaffeggiato le radio in tutti i modi. Sono state date anteprime di ogni genere ai mezzi più disparati. non dimentico un disco dato in anteprima ai videofonini di Tre, un’esclusiva data a Corriere.it e chi più ne ha più ne metta. Mi pare evidente che le radio non fossero ritenute strategiche negli ultimi anni; hanno fatto quindi bene gli editori a prendere una posizione netta, per una volta. In tutto questo, quali i riflessi? Non so come finirà la diatriba, non mi compete e non rientra nella mia area di attività. So però che in tutto questo ci guadagnano di sicuro le radio, dato che gli ascoltatori non hanno di certo fame di anteprime, non i numeri che contano. E’ ovvio che ci sia sempre la nicchia attenta alla novità, al disco nuovissimo, ma nella stragrande maggioranza dei casi, Vasco Rossi e Ligabue esclusi, per gli altri dischi non esiste alcuna fretta. Le radio possono tranquillamente smettere di inserire dischi nuovi a ritmi vertiginosi, gli ascoltatori non si lamenteranno di certo. (Luca Viscardi www.lucaviscardi.eu)