Diritti connessi ai diritti d’autore: la rottura clamorosa tra SCF e radio nazionali

Gravissima frattura, rottura senza possibilità di ritorno? Il rapporto conflittuale tra radio e discografia vive in Italia un nuovo e spiacevole momento; le radio nazionali stanno "scioperando", non suonando la musica nuova.

E’ un’azione senza precedenti che origina dall’interminabile trattativa sul rinnovo della convenzione tra SCF e radiofonia nazionale scaduta nel 2008. Di fronte al perdurare della rigidità della SCF anche su una ragionevole proposta delle radio nazionali che integra una forma di collegamento alla loro crescita di fatturato e in prossimità delle prime udienze delle numerose cause intentate, le emittenti della R.N.A. hanno deciso di rispondere al "niet" e di fare sul serio. La discografia ora deve riflettere sulla forza della radio. Un primo risultato assai eloquente si sta infatti ottenendo da parte delle radio nazionali; il fronte discografico si sta rompendo nel senso che perfino artisti come Lucio Dalla e Francesco De Gregori hanno trasferito alle radio interessate le loro liberatorie dalla copertura SCF pur di avere i loro brani in programmazione. Le tensioni attorno a questo braccio di ferro titanico originano comunque da lontano, da molto lontano e non solo da una aspettativa di prelievo economico eccessivo da parte della SCF. La discografia, già pesantemente e giustamente sanzionata negli anni dalla nostra autorità Antitrust, è un fornitore molto strano, che non si accontenta di "vendere" il prodotto alle radio ma anche di "imporne" le scelte in modo specifico. Chiunque lavori nelle radio subisce pressioni spesso inconsulte per trasmettere quel tal brano piuttosto che un altro dalla medesima etichetta o casa discografica mentre, nella realtà, sono le radio che pagano pienamente i diritti e, quindi, hanno più che la lecita libertà di trasmettere esattamente quello che pare loro, considerando peraltro che devono servire il pubblico, non la discografia. Mentre è sacrosanto che le radio paghino i diritti alla discografia, sia chiaro, trasferendo attrraverso i "borderò" le risorse economiche esclusivamente agli autori ed editori effettivamente utilizzati, quello che stento a comprendere è perchè le stesse radio nazionali che ora operano la "serrata" sulla musica nuova siano quelle che offrono "politicamente" accesso alla discografia per la pianificazione pubblicitaria a prezzi vantaggiosi. Non solo un fornitore strano, anche un cliente col tappeto rosso, che poi chiede conti sempre più salati. Curiosa questa discografia… La responsabilità comunque più grave è la "blindatura" del sistema Paese; una volta eravamo liberi sull’importazione e c’era competitività tra le stazioni radio nella selezione della musica da tutto il mondo. Le radio erano ottimi tester, certamente migliori di quelli che la discografia utilizza oggi. Al tempo presente, invece, si possono diffondere solo brani editi in Italia, peraltro talora mesi dopo le pubblicazioni in altri Paesi, alla "Radio Date" convenuta dalla casa discografica e di venerdì perchè così "Music Control" funziona bene e rileva l’effetto coro. Che tristezza… Di certo il mondo che si apre non capisce la discografia che si chiude. (Claudio Astorri www.astorri.it)

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