In sostanziale coincidenza con l’accordo tra SIAE ed AFI che prevede la delega alla riscossione da parte del primo ente dei diritti connessi ai diritti d’autore degli iscritti al secondo, l’Antitrust interviene sulla spinosa questione delle spettanze dei discografici.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inviato il 12 ottobre scorso una segnalazione ai presidenti del Senato, della Camera, del Consiglio dei ministri e al ministro per i Beni e le attività culturali esprimendo alcune considerazioni in merito alle problematiche di carattere concorrenziale delineatesi in materia di gestione dei diritti connessi dei produttori fonografici e degli artisti (interpreti ed esecutori), con particolare riferimento alla determinazione dei compensi loro dovuti per l’utilizzazione in pubblico dei fonogrammi sia a scopo di lucro che non di lucro.
Questo il contenuto della nota (la versione integrale è consultabile qui).
Il quadro normativo
Come noto, l’art. 73 e l’art. 73-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633 prevedono, rispettivamente, un diritto al compenso spettante per l’utilizzazione dei fonogrammi a scopo di lucro e un diritto ad un equo compenso per l’utilizzazione a scopo non di lucro (i diritti connessi al diritto d’autore). Per quanto concerne l’utilizzazione a scopo di lucro, tale diritto al compenso sorge in tutti i casi di comunicazione al pubblico di fonogrammi, sia qualora ciò avvenga attraverso il mezzo cinematografico, radiofonico e televisivo, sia qualora tale diffusione venga realizzata dai pubblici esercizi. Ai sensi del comma 2 dell’art. 73 citato, la misura del compenso per l’utilizzazione del fonogramma a scopo di lucro deve essere determinata secondo le norme del regolamento di esecuzione della legge n. 633/1941. Tale regolamento di esecuzione è stato approvato mediante il Regio Decreto n. 1369/1942 che, all’art. 23, stabilisce che la misura del compenso dovuto al produttore del disco fonografico, in quanto non diversamente stabilito tra le parti, è determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato Consultivo Permanente per il Diritto d’Autore, in adunanza generale.
In forza di tale disposizione sono quindi stati emanati i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (di seguito, DPCM) del 1° settembre 19752 e del 15 luglio 19763 i quali prevedono che, in difetto di diverso accordo tra le parti, i compensi spettanti ai produttori fonografici per la diffusione al pubblico dei fonogrammi da loro realizzati (DPCM del 1975) e per la diffusione degli stessi mediante reti radiofoniche e televisive (DPCM del 1976) siano dovuti nella quota, rispettivamente, del 2% e dell’1,5% degli incassi lordi riferibili all’effettiva utilizzazione del fonogramma.
Per quanto concerne l’utilizzazione a scopo non di lucro, come stabilito dall’art. 73-bis, gli artisti ed i produttori dei fonogrammi utilizzati hanno diritto ad un equo compenso anche quando l’utilizzazione di cui all’art. 73 è effettuata a scopo non di lucro. Il comma 2 dell’articolo stabilisce che “salvo diverso accordo tra le parti, tale compenso è determinato, riscosso e ripartito secondo le norme del regolamento”. In tale caso, tuttavia, non è mai stata emanata una norma di dettaglio che individuasse la misura del compenso.
Le problematiche concorrenziali
Nel concreto, in Italia, la gestione della riscossione dei diritti connessi è svolta per la gran parte in ambito nazionale da SCF – Consorzio Fonografici, la quale si occupa, tra l’altro, della stipula di accordi con le diverse associazioni di categoria rappresentative degli utilizzatori, sia a scopo di lucro che non di lucro, della musica registrata. Si ricorda che, nel 1998, l’intesa intercorsa tra 10 imprese produttori fonografici, volta alla costituzione di SCF per la gestione in via collettiva dei menzionati diritti connessi al diritto d’autore, era stata ritenuta dall’Autorità non idonea a restringere in misura consistente la concorrenza. In particolare, l’Autorità aveva rilevato che, attraverso SCF, le imprese avrebbero ridotto significativamente i costi relativi alla gestione dei diritti connessi, altrimenti molto elevati ove le attività di negoziazione, monitoraggio e riscossione dei compensi fossero state svolte in forma individuale.
L’Autorità aveva, inoltre, evidenziato che sebbene le competenze di SCF relative alla negoziazione avrebbero potuto sollevare delle complicazioni sotto il profilo concorrenziale, in quanto aventi per oggetto ed effetto la fissazione dei compensi, tale situazione non destava particolari preoccupazioni, in quanto il contesto normativo limitava lo spazio di negoziazione rimesso alle parti. Infatti, i DPCM del 1975 e del 1976 avrebbero di fatto posto un limite, seppur derogabile, alla negoziazione dei compensi, di modo che gli utilizzatori avrebbero avuto comunque la facoltà di pagare il compenso nella misura legale qualora non fosse stato raggiunto un accordo più conveniente con i produttori fonografici.
In particolare, era stato rilevato che “La presenza di una regolamentazione dei compensi, sia pure derogabile, unita alla possibilità di un’utilizzazione dei brani musicali in assenza di accordo, restringe di fatto lo spazio di negoziazione rimesso alle parti. Essa legittima, inoltre, la presunzione che SCF non potrà ottenere un prezzo significativamente superiore a quanto previsto nel relativo D.P.C.M., atteso che altrimenti gli utilizzatori ben potrebbero utilizzare ugualmente i brani e limitarsi a pagare il compenso nella misura legale” (paragrafo 39 del provvedimento).
Come emerso dal contenuto di alcune denunce pervenute all’Autorità, a seguito della costituzione di SCF, è sorto un ampio contenzioso tra quest’ultima, da un lato, e le diverse associazioni di imprese e le singole imprese utilizzatrici, dall’altro, circa le seguenti questioni: i) individuazione dei casi in cui si realizzano le utilizzazioni di fonogrammi che danno luogo al diritto al compenso ai sensi dell’art. 73 ovvero dell’art. 73-bis della legge n. 633/1941; ii) determinazione del quantum dovuto (in particolare, della percentuale e della base su cui calcolare detta percentuale).
Considerazioni e proposte
I fatti denunciati mettono in evidenza che il descritto quadro normativo non ha impedito l’instaurarsi di una elevata conflittualità tra le categorie dei beneficiari dei diritti connessi e degli utilizzatori e che lo stesso non si è mostrato idoneo ad assicurare un’efficace tutela dei contraenti più deboli.
Si ritiene che debba effettuarsi un ripensamento del descritto quadro normativo al fine di individuare modalità di funzionamento del sistema che, da un lato, riducano il livello di conflittualità dei rapporti negoziali e tutelino più efficacemente i ‘contraenti deboli’, dall’altro, risultino meno idonee ad incidere sull’esito della libera negoziazione tra le parti.
In proposito, si rileva che il complesso delle citate disposizioni vigenti (gli artt. 73 e 73-bis della legge n. 633/1941, l’art. 23 del regolamento di esecuzione del 1942 ed i DPCM del 1975 e 1976) nella parte in cui è volto all’individuazione di una misura legale – per il caso di disaccordo tra le parti – dei compensi dovuti per l’utilizzazione di fonogrammi potrebbe essere sostituito dalla previsione di un diverso sistema volto a consentire il raggiungimento di accordi sui compensi da parte delle organizzazioni rappresentative degli utilizzatori e delle organizzazioni dei produttori.
In particolare, potrebbe essere previsto – al pari di quanto stabilito in altri ordinamenti comunitari – che le organizzazioni rappresentative delle categorie degli utilizzatori e dei produttori ricorrano, mediante una procedura ad hoc, ad un soggetto terzo, specificamente competente, il quale individui nel dettaglio i casi in cui si realizzano le utilizzazioni di fonogrammi che danno luogo al diritto al compenso ai sensi dell’art. 73 e dell’art. 73-bis della legge n. 633/1941, nonché il quantum dovuto (determinando, eventualmente, la base di fatturato sui cui calcolare i compensi e la relativa percentuale da applicare alla stessa).
Questa procedura per il raggiungimento di accordi tra le organizzazioni di categoria lascerebbe impregiudicata la possibilità di adire il giudice civile per i soggetti che invece non intendano aderire agli accordi medesimi raggiunti dalle menzionate associazioni.
Tale specifica competenza, peraltro, potrebbe essere attribuita all’esistente Comitato Consultivo Permanente per il Diritto d’Autore, oggi istituito presso il MiBAC, per il quale tuttavia, sarebbe necessaria una modifica della composizione allorquando esso, presumibilmente in una commissione speciale, debba assumere le decisioni prima menzionate.
Attualmente, il Comitato è composto in prevalenza da rappresentanti del MiBAC, degli altri Ministeri, rappresentanti della categoria ‘industriali’ ed ‘autori’ e da alcuni esperti designati dal Ministro per i beni e le attività culturali.
La commissione del Comitato deputata a definire le questioni di cui si tratta, al fine di assicurare il pieno contemperamento degli interessi coinvolti, dovrebbe essere necessariamente composta, oltre che da rappresentanti del MiBAC e da esperti della materia, anche da un egual numero di membri designati, rispettivamente, dalle organizzazioni rappresentative dei beneficiari dei diritti e degli utilizzatori.
Sarebbe opportuna inoltre la previsione di una specifica disciplina che regolamenti, oltre alla speciale composizione della commissione incaricata, anche dettagliati tempi e modalità per lo svolgimento di quanto necessario al raggiungimento dell’accordo tra le parti coinvolte.
La previsione a livello legislativo del sistema sopra prospettato avrebbe l’effetto di contenere l’ampio potere negoziale detenuto da SCF, in qualità di rappresentante della maggior parte delle case discografiche presenti in Italia, nonché di definire – in modo dettagliato e differenziato – i compensi per le utilizzazioni a scopo di lucro e non di lucro di musica registrata in funzione proprio delle caratteristiche specifiche di tali utilizzazioni. Ciò potrebbe inoltre portare al raggiungimento di un adeguato equilibrio tra l’interesse degli artisti e dei produttori a riscuotere un’adeguata remunerazione e l’interesse dei terzi a poter utilizzare le opere fonografiche nell’ambito delle proprie attività.
L’Autorità confida che le considerazioni su esposte possano essere utili al fine di favorire una revisione degli articoli 73 e 73-bis della legge n. 633/1941, dell’art. 23 del regolamento di esecuzione del 1942 (Regio Decreto n. 1369/1942) e dei DPCM del 1975 e 1976 nelle parti in cui sono volti all’individuazione della descritta misura legale – per il caso di disaccordo tra le parti – dei compensi dovuti ai produttori per l’utilizzazione in pubblico dei fonogrammi mediante l’introduzione di disposizioni ispirate a criteri che consentano il mantenimento di corrette dinamiche competitive.